Lettere nella storia: Paolo Sorrentino e le parole per la madre

Se la lettera è un film. L’ha scritta Paolo Sorrentino per confidare alla madre con il linguaggio cinematografico tanti sentimenti e segreti della sua età giovanile mai condivisi con lei quando era in vita. E così “Lettera a mia madre che non ho mai potuto scrivere” intreccia un Amarcord dell’affermato regista e diventa una esortazione a vivere, da subito, il rapporto con le madri in piena confidenza poiché esse ci saranno strappate dalla morte percepita come una scomparsa irreparabile. Con una voluta ingenuità suggerita dalla finzione artistica egli scrive immaginandosi che nell’aldilà sua madre possa andare al cinema e vedere il suo ultimo film “È stata la mano di Dio” scelto a rappresentare l’Italia agli Oscar. In scena la nostalgia dell’amore materno burbero nel ricordo e solo ora, da adulto, pienamente compreso dal figlio. Se la madre vedesse ora il suo film capirebbe i forti sentimenti del figlio non detti mentre lei era viva.

Il rapporto genitori-figli

Forse la madre non ha bisogno di vedere il film per avere l’immediata conoscenza dell’animo del figlio Paolo che nella Lettera accenna questioni cruciali del rapporto genitori-figli e della ricerca di senso nello stabilire un rapporto pacato tra vita e morte. Paolo Sorrentino utilizza il comune linguaggio che assimila la morte a una scomparsa. In realtà la similitudine tra i due termini è frutto di un inconscio desiderio di addolcire la morte che resta il supremo tabù di una cultura consumista e spaurita da un orizzonte privo di speranza. La morte non è una scomparsa. I morti non sono persone smarrite da riportare nel cerchio tattile e visibile del nostro quotidiano. La morte è molto più scomoda e tremenda. Profondi teologi la pensano una distruzione totale, un annientamento della persona. Ma l’amore di Dio che sta all’origine della creazione, può creare ancora dal nulla. La fede cristiana tanto strapazzata se non avversata, è, in definitiva, una scommessa sull’amore e insegna precisamente questo sui morti: chi ha creato una volta ha il potere di farlo di nuovo, anzi ha promesso di farlo perché il suo amore non è venuto meno. Quelli che Dio ha voluto una volta per amore può volerli nuovamente strappare alla disintegrazione totale. Posta così la questione, la promessa di resurrezione non è un’utopia consolatoria, ma una promessa di amore che si fonda sull’amore indefettibile di Dio per l’umanità. Anche Paolo Sorrentino in una lettera alla madre che non ha mai potuto scriverle in vita, apparsa sui giornali nei primi giorni di dicembre, in qualche modo evoca questa tematica sulla vita che finisce e ci proietta in pensieri sull’aldilà dove ognuno è atteso. La Lettera, che invita sua madre a vedere il suo ultimo film, diventa la finzione filmica per rivalutare la figura materna.

L’educazione tra amore e missione

“Abbiamo avuto madri meravigliose e da ragazzi non lo sapevamo – vi si legge -. Coltivavano pedagogie traballanti, fameliche di sensi di colpa. Mia madre, per esempio, nei momenti di conflitto, era solita dire: “Quando non ci sarò più, soffrirete tantissimo”. Non volevamo crederci, perché rifiutavamo il concetto di scomparsa. Invece, naturalmente, è stato così…Mia madre era sbrigativa ma molto affettuosa. L’ironia era il sollievo per qualsiasi problema. Ai primi sintomi di adolescenza, quando si cominciava a frequentare, con quella gravosità affranta, la profondità, mia madre ricorreva a uno strumento irritante: minimizzava. Da adulto, ho compreso. Mi è parsa l’unica strada. Minimizzare. Non è utile ma è difficile rintracciarne altre. Oggi l’educazione dei figli è una missione. Per la generazione di mia madre era solo un altro fardello che la vita imponeva. Eppure era tutto amore. Ma l’ho capito dopo. E quando ho avuto le parole per dirglielo, lei non c’era più. Per questo mi piace pensare, con una ingenuità da bambino profondo, che nell’aldilà si possa vedere un film. Per dire quello che non ho potuto dire. E per chi può ho un solo consiglio: ditelo. A costo di essere ridicoli, sentimentali e pieni di lacrime… L’unico modo, per una madre, di ritrovare, davanti a sé, il bambino meraviglioso che tutti siamo stati”.