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Diminuiscono i “cash lovers”, gli amanti del contante, e aumentano gli italiani che stanno scoprendo i vantaggi della moneta digitale. Complice anche la crescita dell’e-commerce causa Covid, i pagamenti digitali hanno registrato una crescita media a doppia cifra negli ultimi anni. “Azioni di tutela a livello nazionale ed europeo, per favorire la sicurezza dei pagamenti digitali, incentivi a livello nazionale” e “offerta di nuovi servizi di pagamento su diversi device hanno fatto il resto”, afferma Ida Claudia Panetta, professoressa di Economia degli Intermediari Finanziari all’Università La Sapienza di Roma. In questo contesto “Poste Italiane – con il modello PostePay – è stata in grado di portare avanti una strategia multicanale che la caratterizza. Dal radicamento sul territorio al digitale, utilizzando un approccio dove diversi strumenti si integrano a seconda delle esigenze del cliente”. La transizione digitale? “Le grandi aziende hanno una grande responsabilità nel guidare il cambiamento”.

I pagamenti digitali sono in aumento, come possiamo leggere questo fenomeno e quali fattori hanno contribuito a questa crescita?

“Ci sono diversi fattori che hanno trainato lo sviluppo dei pagamenti digitali. A partire dal Covid, che, per necessità, ha avvicinato anche chi era più scettico. Sono state portate avanti poi azioni di tutela, a livello nazionale ed europeo, per favorire la sicurezza dei pagamenti digitali e per cercare di ‘esorcizzare’ i timori dei cittadini a utilizzare strumenti e devices differenti dai consueti. Non dimentichiamo gli incentivi e i nuovi obblighi a livello nazionale finalizzati a favorire l’uso di questi strumenti anche nei negozi e non solo online. In questo contesto, Poste Italiane ha saputo valorizzare il radicamento sul territorio e gli alti livelli di fidelizzazione per attuare la sua strategia multicanale: con il modello PostePay è stata in grado di sfruttare al meglio le opportunità del digitale, con strumenti che si integrano ai tradizionali a seconda delle esigenze del cliente. Una strategia interessante, un approccio integrato che sfrutta molte componenti dell’ecosistema del pagamento digitale (delivery, telecomunicazioni e pagamenti ad esempio). Un’evoluzione che ha portato PostePay ad assumere un ruolo primario oggi, grazie anche al successo ottenuto come carta prepagata più accessibile (per facilità di emissione e costi di ricarica competitivi), molto diffusa tra i giovani e ampiamente utilizzata nel mercato del riuso e in generale nei pagamenti person to person”.

Che ruolo possono avere le grandi aziende nell’approccio alla transizione digitale?

“Se pubblico e privato remano nella stessa direzione verso un comune obiettivo, questo diventa più semplice da raggiungere. I ‘grandi’, dalle Istituzioni alle Aziende, hanno un’importante responsabilità nel guidare il cambiamento. Possono, infatti, orientare la transizione digitale costituendo esempi virtuosi e creando nuove opportunità di utilizzo. Nei servizi digitali le occasioni di utilizzo sono importanti per favorirne lo sviluppo. Ad esempio, nel pubblico penso a PagoPA, che – creando l’opportunità – ha favorito la diffusione dei pagamenti digitali a beneficio di tutti. Questo aiuta sicuramente la transizione”.

Gli italiani sono sempre più propensi al risparmio. Una tendenza preoccupante?

“La propensione al risparmio è aumentata soprattutto nel primo anno del Covid, ma già nel 2021 ha cominciato a scendere (dal 15% al 12,5%). Il ridursi della paura innescata dalla pandemia che aveva fatto ripartire i consumi, in questo momento viene compensata dagli effetti negativi della guerra in Ucraina: nuove fonti di incertezza e spinta inflazionistica per l’aumento dei costi di produzione. Incertezza e inflazione agiscono sul portafoglio degli investimenti già fatti, riducendone i rendimenti ed erodendo con incremento dei prezzi il potere d’acquisto e allontana il risparmio dai mercati finanziari. Attenzione, in questo scenario, a non cedere alla tentazione di investire i propri risparmi in asset non ancora sufficientemente regolamentati e molto volatili, come alcune categorie di crypto-asset: un settore che attrae ma sul quale ci vuole molta cautela”.

Qui entra in gioco anche un altro grande tema, quello dell’educazione finanziaria, ma gli italiani non sembrano essere così preparati.

“Non sono solo gli italiani a essere impreparati, in Europa siamo in buona compagnia. Questo è un tema di rilievo in tutti gli ambiti e ora c’è uno sforzo notevole che viene fatto, anche dal privato, nel cercare di spiegare i meccanismi del mercato. L’educazione finanziaria è importantissima e c’è un forte impegno, in questo senso, di istituzioni, dei supervisors, dell’associazione di docenti ADEIMF, e delle stesse grandi aziende come Poste Italiane. È certamente importante ‘educare’ da una parte, ma è altrettanto fondamentale arrivare a scelte consapevoli informandosi”.

Cosa c’è nel futuro dei mercati finanziari?

“C’è tanta tecnologia e nuova attenzione alla sostenibilità in senso lato. L’innovazione è essa stessa sempre di più il ‘contenuto’ dei prodotti, come nel caso dei crypto-asset, che se regolamentati possono essere interessanti, ma cambia anche il modo in cui prodotti e servizi più tradizionali sono veicolati. Sul secondo punto, si affermano investimenti più consapevoli in società che includano anche altri obiettivi oltre al legittimo rendimento. Queste sono le sfide che stiamo affrontando, tutti: da chi insegna, a chi si occupa di regolamentazione e vigilanza, da chi setta gli obiettivi di policy a chi confeziona i nuovi prodotti e servizi, infine anche a chi si occupa di informare”. (Silvia Paradisi)