Il risparmio postale ha avuto un ruolo fondamentale per generazioni di italiani e continuerà ad averlo nei prossimi anni. Ne è convinto Massimo Giletti, conduttore di “Non è l’arena” su La7. Fra i temi che l’istrionico giornalista e anchorman porta ogni domenica in prima serata ci sono le difficoltà dell’Italia che lavora e che è alle prese in questi mesi con l’inflazione e con il caro bollette.
Giletti, con la sua trasmissione entra nel cuore delle imprese e delle famiglie italiane. In questo momento ci sono grandi preoccupazioni per l’inflazione e il caro bollette. Ma gli italiani hanno sempre dimostrato, oltre che grande carattere, anche la capacità di far fronte alle emergenze tramite una spiccata propensione al risparmio. Sarà così anche questa volta?
“La mia impressione è che con i risparmi, in particolar modo quelli postali, l’Italia sia andata avanti per molti anni. Le Poste sono sempre state viste come un rifugio, come una certezza. Con quei risparmi gli italiani mantengono i nipoti, mantengono i figli in una società che è in una crisi pesante da almeno tre anni. Senza questo risparmio non so dove sarebbero le famiglie della maggior parte degli italiani, anche se il mio timore è che questo risparmio si stia piano piano erodendo”.
Tramite “Non è l’Arena”, che è un enorme serbatoio di esperienze, che impressione raccoglie sulle conoscenze della gente rispetto a temi di educazione finanziaria, magari una volta lontani dagli interessi degli italiani?
“Dopo i grandi spaventi vissuti con le crisi del 2007 e del 2008 e dopo i crolli che abbiamo avuto con le banche credo che gli italiani siano sempre più attenti e selettivi nelle loro scelte di investimento. Hanno capito che quando si investe servono due elementi fondamentali: da una parte la cultura finanziaria, dall’altra la fiducia nelle persone che si scelgono per curare i propri interessi”.
Il costo della vita e la gestione dei risparmi sono al centro delle preoccupazioni degli italiani. Come uomo di informazione quale responsabilità sente quando si occupa di questi temi?
“La nostra responsabilità è pesante: siamo chiamati a lavorare per accendere i riflettori sulle cose che non funzionano. Riconosco la fortuna di lavorare per un’emittente che mi permette di essere libero, mentre vedo che il mondo volge verso uomini forti e verso finte democrazie dove la libertà di stampa è a repentaglio. Il nostro compito è difendere la libertà e la cultura, perché avere la possibilità di leggere, studiare, informarsi in modo corretto rende tutti più liberi”.
Un attore come Poste Italiane, che ha tradizionalmente un ruolo di primo piano nell’accompagnare gli italiani nella gestione dei loro risparmi, che compito ha in questo momento?
“Poste Italiane deve continuare a sostenere il Paese e farlo sempre di più. Tutti i grandi gruppi sono chiamati a lavorare per il bene del Paese: devono lavorare un po’ più per gli altri e meno per se stessi. Soprattutto chi, come Poste, gestisce molti miliardi di euro, ha un compito difficile e alto: soltanto mettendo al centro l’interesse delle persone potremo superare tutte le crisi”.
Ha qualche esperienza personale, anche di quando era bambino o ragazzo, legata ai buoni e ai libretti postali?
“Mi ricordo che le Poste sono sempre state viste come un luogo sicuro, una destinazione in cui avere fiducia. Nei piccoli comuni, poi, il postino era visto come un personaggio di cui avere rispetto. Il postino era come il prete, il farmacista, il maresciallo dei carabinieri. Da bambini rispettavamo tantissimo tutte queste figure: io sono cresciuto in quella Italia che aveva dei valori più profondi di quelli di oggi. Purtroppo, difficilmente le cose positive del passato tornano e questo è un peccato. La mia è una generazione fortunata ma non sempre è riuscita a trasmettere ai nostri figli la bellezza di questo mondo e la forza di una società libera come la nostra”.