Nel 1965, quando il giovane ingegnere Andrea Macchioni, cominciò a lavorare per l’Azienda di Stato per i servizi telefonici, controllata dal Ministero delle Poste e Telecomunicazioni, le telefonate interurbane viaggiavano ancora su una linea aerea di rame, che poteva ospitare una conversazione alla volta. “La centralinista che collegava un capo all’altro restava in attesa con la clessidra e ogni tre minuti chiedeva se si voleva proseguire la conversazione”, ricorda oggi che di anni ne ha 84 l’ingegner Macchioni prima di accompagnarci in un viaggio lungo 40 anni nella storia della telefonia italiana, dai cavi sottomarini gettati verso la Libia allo sviluppo dei primi telefonini, sviluppati a ridosso dei Mondiali di Italia ’90: “Alla mia età mi chiedono se mi sento parte di una grande storia, io rispondo sempre che mi considero fortunato perché nei miei 40 anni di attività ho assistito all’introduzione delle varie tecnologie e di un cambiamento rivoluzionario nel mondo delle telecomunicazioni”, racconta ospite della Fondazione ProPosta, che custodisce e tramanda la storia della posta attraverso l’attività di ricerca e incontri periodici con chi di quella grande storia è stato protagonista.
La teleselezione
Macchioni, ingegnere delle Telecomunicazioni, inizia a lavorare nel 1965: “Prima di allora – ricorda – i concorsi al Ministero andavano deserti perché non c’era granché bisogno di giovani. Quell’anno avvenne un fatto nuovo: l’Azienda di Stato pensò finalmente di accelerare la realizzazione della rete telefonica per la teleselezione. Si decise di installare dei sistemi multipresenza con amplificatori interrati e già tra il ’65 e il ’69 furono installati degli amplificatori multifrequenza per far parlare almeno 12 persone contemporaneamente. L’Italia realizzò la teleselezione prima dell’Inghilterra e quello fu un grande successo per noi e per il Ministero”. All’epoca le industrie italiane – l’Olivetti su tutte – erano molto competitive e la Sip era uno degli attori più importanti dal punto di vista della tecnologia. In quegli stessi anni Macchioni partecipa in prima linea all’introduzione dei cavi sottomarini, scrivendo il capitolato per la posa della moderna tecnologia che permetteva di collegare telefonicamente l’Italia alla Libia con cavi coassiali rivestiti di politene, senza bisogno di armatura. “Ricordo benissimo che partecipai al collaudo del primo cavo coassiale a 120 canali telefonici con la Libia: rappresentò un altro grande successo, tanto che la Libia ne chiese subito altri e l’Italia anticipò i soldi per la loro stesura per poi rifarsi con le telefonate”. Macchioni non risparmia gli aneddoti: “Prima dell’esistenza di questi cavi alcuni signorotti libici con rapporti e interessi nel Nord Europa prendevano l’aereo per la Sicilia per telefonare. La Libia aveva tutto l’interesse a portare avanti questa operazione e l’Italia aveva tutto l’interesse ad accelerarla”. Lo stesso avvenne poi con Algeria, Grecia e altre nazioni del Mediterraneo, fino al ’74.
L’avventura dei cellulari
Ma la grande rivoluzione doveva ancora arrivare. Macchioni nel Ministero si occupa dei servizi telegrafici, seguendo lo sviluppo del telex, del facsimile e degli altri nuovi servizi nascenti. Accumula esperienza e competenza entrando a far parte dei gruppi di lavoro internazionale, tra cui l’Unione internazionale delle Telecomunicazioni con sede a Ginevra (ancora oggi esistente), e della Conferenza europea delle Poste e Telecomunicazioni (Cept), un’organizzazione di studio nata dall’esigenza delle diverse amministrazioni europee di uniformare gli standard e il funzionamento dei servizi postali. “Un piccolo gruppo, all’interno della Cept, veniva chiamato in francese Groupe Speciale Mobile (GSM) e venne costituito per studiare lo sviluppo della telefonia mobile”. La svolta, ricorda Macchioni, arrivò tra il 1986 e il 1987, quando i quattro governi più potenti dell’Europa di allora – Francia, Germania, Inghilterra e Italia – concordarono che bisognava trovare una soluzione tecnica: “Il GSM la trovò e nacque il primo telefono cellulare di tipo analogico in grado di colloquiare con una stazione base grazie a quelle che oggi conosciamo come “celle”“. La nascita del primo telefonino fu accolta con grande fermento: “Il nostro compito, come Ministero e come Azienda di Stato, fu di riempire gradualmente l’Italia di antenne. Cogliendo l’occasione di Italia ’90, il Ministero nominò la Sip sponsor dei Mondiali con la richiesta di accelerare il più possibile la creazione di queste trasmissioni soprattutto nei pressi di autostrade, stazioni ferroviarie e aeroporti in modo tale da poter garantire il nuovo servizio di telefonia ai turisti che stavano per arrivare in Italia”. Gradualmente la Sip provvide a riempire città e autostrade di celle. Anche in questo caso l’aneddoto non manca: “Al Ministero – racconta Macchioni – c’erano persone che frequentavano la facoltà di Ingegneria di San Pietro in Vincoli, che si lamentavano perché fino al Colosseo c’era il segnale, che poi si perdeva poco più su, a Colle Oppio, dove si trovava l’università”. In meno di un anno, nel ricordo di Macchioni, si diffuse l’Italia fu il paese che aveva acquistato più cellulari. “Il telefonino – sottolinea Macchioni – diventò una specie di status symbol, averlo significava essere più importanti”. In un batter di ciglia si arriva al ’97 e all’apertura del mercato della telefonia ad altri operatori e alla conseguente esplosione di massa. “Ancora oggi qualcuno conserva un numero a 9 cifre – dice Macchioni regalandoci un altro dettaglio da intenditori – i primi utilizzatori di cellulari si possono riconoscere dal numero più corto”.
Una grande soddisfazione
Negli anni successivi Macchioni cambia ruolo fino a terminare la carriera nel 2006 da vicedirettore dell’Istituto Superiore, una delle direzioni generali del Ministero istituita per la preparazione dei capitolati. “Ho cominciato quando la telefonia praticamente non esisteva e ho assistito a un progresso enorme – conclude Macchioni – che in precedenza non era stato così significativo”.