Aldo Serena: “Vi racconto le mie notti magiche con la Nazionale”

Aldo Serena e la Nazionale: un rapporto intensissimo, ricco di emozioni che gli rimarranno dentro per sempre. Così come quelle a livello di club. Aldo Serena, ex attaccante di Torino, Juventus, Inter e Milan, dopo essere stato uno dei bomber più prolifici del nostro calcio a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta e aver preso parte a due Mondiali (Messico ’86 e Italia ’90), oggi fa il commentatore televisivo, senza perdere quell’educazione e quell’eleganza che lo hanno sempre contraddistinto: “E con la maglia della Nazionale, nei 90’ regolamentari, io ho perso solo due volte – esordisce Serena con comprensibile fierezza – Se non avessi preso due o tre pali, avrei potuto fare anche meglio, rispetto ai 5 gol che ho realizzato in azzurro”.

Aldo, gli Europei sono iniziati. Tutti hanno voglia di rivivere le “notti magiche”. Quelle stesse notti che, nel 1990, vi portarono ad accarezzare un sogno. I tifosi possono sognare l’impresa? Come vedi la squadra di Mancini?

“E’ un’Italia giovane, plasmata da Mancini a sua immagine e somiglianza, con un bel gioco offensivo. La vedo dura per un successo finale, ma certamente il mix tra giovani e anziani è quello giusto. È una Nazionale che potrà togliersi ottime soddisfazioni”.

Hai avuto una carriera in Nazionale molto intensa: contro la Polonia, nel 1984, l’esordio: cosa ricorda Aldo Serena di quel momento?

“Eravamo a Pescara. Fu Enzo Bearzot a regalarmi l’emozione del debutto, inserendomi a 10’ dalla fine al posto di Altobelli. Gliene sarò per sempre grato. Lui mi conosceva già dai tempi della Nazionale Olimpica. Pensate che fu il massaggiatore del Torino ad avvertirmi che il Ct mi stava seguendo. Bearzot gli chiedeva informazioni su di me, sul mio carattere, sulla mia forma fisica”.

Il 5 febbraio 1986 arriva poi il primo gol nell’amichevole ad Avellino contro la Germania Ovest

“Campo pesantissimo, vado in gol dopo una ventina di minuti, mettendo dentro una palla che sembrava destinata a terminare sul fondo. Però è un ricordo agrodolce: proprio per segnare quel gol, infatti, mi provocai un’ustione con la calce con cui erano state disegnate le linee dell’area di rigore. Dovetti stare fermo per quindici giorni”.

Poi, ecco la magia di Italia ’90 e quel tuo gol contro l’Uruguay negli ottavi di finale. Per giunta, nel giorno del tuo trentesimo compleanno.

“Entrai in campo al posto di Berti, nel secondo tempo. Avevo il numero 20 sulle spalle. Come quello del grande Pablito Rossi in Spagna, nell’82. Una responsabilità enorme. Sul cross, avevo visto il portiere fuori dai pali. Decisi di colpire di testa. Feci gol. Lo stadio esplose, un boato incredibile. Dopo quella rete, per qualche secondo, non capii più nulla”.

Nella semifinale contro l’Argentina, ti venne parato il calcio di rigore decisivo. Purtroppo, il sogno si interruppe. A distanza di anni, sei riuscito a metabolizzare?

“No, impossibile dimenticare. Una delusione enorme. E pensare che inizialmente non ero nel lotto dei rigoristi. Ma, alla fine, ho dato lo stesso la mia disponibilità. Ricordo che avevo le gambe pesanti. Non mi sentivo lucido. Dopo aver sbagliato il rigore, non mi ricordo più nulla. Rivedendo la scena successivamente, in tv, notai che Roberto Baggio mi era venuto a rincuorare. A distanza di anni, colgo l’occasione di questa intervista per ringraziarlo pubblicamente”.

Chiudesti la tua carriera in Nazionale in modo scoppiettante, realizzando una doppietta nel 4-0 a Cipro nel dicembre 1990. Un bel modo per congedarsi dall’azzurro.

“Una giornata tra il dolce e l’amaro. Felice per i due gol. Triste per l’addio alla Nazionale. Il Ct Vicini me lo aveva comunque preannunciato. Mi disse che voleva dare spazio ai più giovani”.

Negli anni in cui vestivi la maglia della Nazionale, ricevevi molte lettere dai tifosi?

“In Nazionale ho giocato tante partite. Ricevevo centinaia di lettere. In un primo momento, rispondevo a tutte. Poi, sono diventate troppe. Oggi, per chi mi scrive, invece una risposta c’è sempre”.

Qual è il tuo rapporto con Poste Italiane?

“Mi reco spesso all’Ufficio Postale. Mi piace farlo. Spedisco molti pacchi. È un modo semplice e veloce per regalare qualcosa di bello alle persone alle quali voglio bene, ma che non posso vedere tutti i giorni”.