La Bomba distruttiva si manifestò su Hiroshima il 6 agosto 1945. Il terrificante ghigno dell’atomica era risuonato tuttavia per la prima assoluta nell’esperimento previo del 16 luglio alle 5,30 in un’area desertica chiamata Jornada del Muerto a 500 Km da Los Alamos, ove era sorta la cittadella per confezionarla in gran segreto. Davanti al primo fungo atomico di magnificenza sinistra che segnava la riuscita di un assiduo lavoro di ricerca, Robert Oppenheimer, il fisico manager direttore del nucleo operativo di scienziati avrebbe raccontato: “Allora mi riaffiorò alla mente un verso del Bhagavadgita, là dove Krishna cerca di convincere il principe che dovrebbe fare il suo dovere: “Io sono diventato la morte, il distruttore dei mondi”.
Come in una spy story
La nuova era del mondo, quella della possibile autodistruzione era iniziata. La vicenda della prima bomba atomica ha evidenziato il rapporto conflittuale tra scienza e priorità militari e politiche. Lo stesso Oppenheimer lo avrebbe messo in chiaro nel suo discorso di monumentale importanza quando lascio la direzione di Los Alamos. Un rivelatore impareggiabile del suo animo e di quanti come responsabili o comparse lavorarono alla Bomba o ne discussero gli esiti, resta tuttavia uno strumento d’uso comune: la lettera. La corrispondenza che ha scandito la vita, le decisioni, i dubbi dei protagonisti, dei critici, permette di far luce perfino in angoli inconfessabili e inconfessati della coscienza scossa dalla più tremenda spy story del mondo. A cominciare proprio da Robert Oppenheimer, responsabile scientifico del Progetto Y, in seguito chiamato Manhattan. Quando nel 1942 il Progetto partì, era già diffuso tra gli scienziati d’Europa e America il fervore per decifrare la chiave della fissione nucleare dell’Uranio in vista di un suo utilizzo militare e vincere la guerra.
Un affare incredibile, scrisse Oppenheimer
“L’affare Uranio è incredibile” scrisse in una lettera Robert commentando l’interesse per la fisica nucleare. “Fin dalla sua scoperta, la possibilità di potenti esplosivi basati sulla fissione nucleare mi aveva dato moltissimo da pensare, come aveva dato da pensare a molti altri fisici”. Anzi, sono proprio i carteggi e le nutrite corrispondenze a ogni livello a rivelare i retroscena di una marcia non sempre trionfale della scienza che, a un certo punto della sua storia, si trovò arruolata, con l’obiettivo militare e strategico della vittoria sul nazismo. Le lettere rivelano i dubbi, le incertezze, i timori, le ombre caratteriali, le paure, le attese, le speranze degli scienziati prima che tali sentimenti diventassero pubblici confronti politici e letterari, segnando una demarcazione tra favorevoli e contrari all’atomica. Da intrigante spy story la questione si trasformò nel più grande interrogativo etico posto alla scienza dallo sviluppo del nucleare. Si deve alle lettere la rivelazione di questo retroscena dove gli attori compaiono nella fragilità della loro umanità o nella loro grandezza morale. Gli eroi leggendari come Oppenheimer da alleati sono divenuti i critici più scomodi e pericolosi del potere. La scelta della pace piuttosto della guerra, l’impegno per un disarmo ragionevole e progressivo hanno conferito rispetto e stima a personaggi già celebri per meriti scientifici propri.
La lettera di Einstein
Si pensi per tutti ad Alberto Einstein che conosceva il groviglio di questioni attinenti la fissione dell’uranio e si tenne fuori dalla corsa alla Bomba in quanto sostenitore dell’uso pacifico della scienza. Eppure, Einstein scrisse una lettera al presidente Roosevelt per sollecitarne l’iniziativa in competizione della Germania di Hitler che inseguiva l’atomica. Il rimorso dello scienziato Oppenheimer per la Bomba non fu sterile, ma si mutò nella capacità di elaborare percorsi di pace credibili alla scienza e alla politica. Nella lettera al ministro della guerra del 17 agosto 1945, Robert in qualità di presidente della sottocommissione di consulenza per l’Interim Committee on Atomic Energy, sintetizzò il futuro in 4 punti. Il secondo afferma: “Non siamo stati in grado di individuare o proporre efficaci contromisure militari per le armi atomiche… è nostra ferma convinzione che non saranno trovate contromisure militari realmente in grado di prevenire il lancio di armi atomiche”. Al punto 4 si legge che la sicurezza della nazione non può poggiare “interamente né principalmente sulla sua superiorità scientifica o tecnica. Può essere basata soltanto sulla possibilità di rendere le guerre impossibili per il futuro. La nostra unanime e pressante raccomandazione a lei è che… si facciano tutti i passi e si prendano tutti gli accordi internazionali con questo unico fine”. Il cammino per la pace resta tuttora lungo e accidentato.