“Mio nonno Attilio Gambacorta entrò in Poste Italiane nel 1920 come Direttore dell’Ufficio Postale di Torgiano. Di quegli anni ricordo il suo timbro postale con le iniziali AG che imprimeva sulla ceralacca nel sigillare la corrispondenza in partenza. Purtroppo, nel 1937, a soli 42 anni, morì, colpito da un infarto”. A raccontarlo è il direttore dell’ufficio postale di Perugia Centro Attilio Gambacorta che, oltre al nome, dal nonno ha ereditato anche il testimone di Poste Italiane, dopo che a prenderlo fu il padre Umberto. Dopo la morte di nonno Attilio la famiglia poteva però contare sul lavoro della nonna Antonietta che continuò a gestire il telefono pubblico. All’epoca ricevere una telefonata, avvisare il destinatario, farlo venire in ufficio, era una vera e propria impresa!
La seconda generazione
Nel 1950 entra in scena la seconda generazione con il figlio di Attilio, Umberto, che diventa dipendente di Poste Italiane appena maggiorenne, da apprendista, con compensi occasionali. Per cinque anni va a Deruta con la bicicletta, partendo la mattina e tornando la sera, imparando il mestiere del telegrafista, funzione che ricoprirà anche al Telegrafo della Direzione Provinciale di Perugia con contratto a tempo indeterminato. “Per lui – racconta Attilio – era un lavoro bellissimo quello con il telegrafo Morse e anche io ho bei ricordi di quel mondo, mi affascinavano quei punti e quelle linee, il circuito chiuso, il tubo ad aria compressa che faceva viaggiare il contenitore del telegramma fra l’ufficio di ricezione e quello di distribuzione. Il fattorino era una figura leggendaria del mondo Poste, che si aggiungeva a quella del portalettere. Fra questi e gli impiegati c’era una sottile competizione sociale che si annullava nella solidarietà di appartenenza a un mondo che si considerava la propria famiglia. Negli anni la telescrivente mandò in pensione il telegrafo, ma era tale l’attaccamento che mio padre acquistò il telegrafo con il quale lavorava. Oggi è, orgogliosamente, nella scrivania del mio ufficio”. Umberto lascia quindi il “suo telegrafo” per trasferirsi presso l’ufficio dei conti correnti postali. Era anch’esso un lavoro del suo tempo: in questo ufficio arrivavano tutti i bollettini, relativi ai versamenti effettuati nei vari conti correnti postali e accettati dagli tutti gli uffici locali delle province di Perugia, Terni e Rieti. Questi si registravano nelle varie schede dei conti, la somma di questi accreditamenti doveva quadrare con l’importo totale dei bollettini. Un lavoro complicato: la quantità dei bollettini era notevole e facile l’errore di trascrizione, molto spesso dovuto anche ad una cattiva calligrafia. Rimarrà lì, in via Fonti Coperte fino al 1980, anno della sua definitiva chiusura.
L’ingresso di Attilio “junior”
Qui entra in scena la terza generazione, con Attilio (stesso nome del nonno) che vince il concorso del 1982 e vive tanti cambiamenti di Poste. Il 1994 è passato alla storia: cessò l’Amministrazione PT e dalle sue ceneri nacque l’Ente Pubblico Economico. Il 28 febbraio 1998 nacque la SPA. Le Poste si stavano trasformandosi velocemente e in modo radicale, ne cambiava la fisionomia, il passato era passato, di fronte c’era solo il futuro. “Il 24 agosto 1998 fu il mio primo giorno da direttore all’ufficio Postale di Passignano sul Trasimeno. Sorretto solo dalla volontà, da quell’ottimismo della volontà contrapposto dal pessimismo dell’intelligenza: solo così superai le serie difficoltà a cui andai incontro – ricorda Attilio – Nel frattempo, nacque l’euro e l’azienda fu costretta ad adeguarsi. Si costituì una task force per formare il personale alle nuove regole monetarie, di cui feci parte. Ma non c’era solo l’euro, c’era anche l’estremo bisogno di informatizzare sistemi che erano ormai del tutto anacronistici. Con la nascita del PGO (piano generale operativo) decenni di professionalità venivano azzerati, si cominciava un’altra storia, che era l’alba di un’altra ancora tutta da scrivere”.
Gli uffici postali
“Da qui – prosegue Attilio nel suo racconto – comincia la mia avventura negli Uffici Postali. Il 29 gennaio 2001 ho cominciato come direttore a Città della Pieve, nel 2004 ho proseguito con Umbertide, nel 2010 il mio incontro con la città dei Ceri, Gubbio, che per anni 13 anni ho sentito veramente mia; nel 2023 sono tornato da dove avevo cominciato, cioè dalla mia amatissima Perugia, come direttore di Perugia Centro. Tra circa un anno terminerà anche per me l’esperienza in Poste Italiane. Penso, e spero, di lasciare un buon ricordo, come quello che ha lasciato mio padre. La mia generazione ha vissuto tante trasformazioni. Poste Italiane Spa è un esempio nazionale e internazionale: come sia possibile far rinascere a nuova vita un’azienda destinata al pensionamento. Tutto questo puntando sul valore inestimabile delle risorse umane, oltre, ovviamente, alla capacità manageriale che i vertici aziendali hanno saputo esprimere, avendo una visione chiara della strada che l’azienda doveva intraprendere. Oggi partecipo a riunioni di lavoro, con me ci sono direttori quarantenni. Nei loro occhi rivedo i miei di vent’anni fa. Ecco perché Poste è eterna, perché la sua ricchezza è il valore umano che ogni giorno emerge dai suoi luoghi, che si concretizza nelle sue sedi, perché non si smette di sognare il futuro”.