Roma, 29 lug.- Il livello di digitalizzazione delle imprese varia notevolmente in base al settore industriale e, a livello globale, i settori più avanzati dal punto di vista digitale sono le istituzioni finanziarie e le società di telecomunicazioni, mentre appare in ritardo il settore pubblico, con ampie differenze tra le diverse regioni. Ma i digital champions si distinguono soprattutto per priorità di investimento: le aziende più mature nel digitale sono anche quelle che si stanno dedicando di più allo sviluppo delle competenze digitali della forza lavoro e che investono maggiormente in nuove tecnologie.

È quanto emerge dal “Digital Acceleration Index” (Dai), l’indicatore elaborato da Boston consulting group che misura la maturità digitale delle aziende. L’indagine di Bcg ha coinvolto manager e dirigenti di 1.800 imprese tra Asia, Ue e Stati Uniti, ai quali è stato chiesto di valutare la maturità digitale delle loro società su una scala da 1 a 4 in 35 categorie differenti. Le aziende con un Dai da 67 a 100 sono “campioni digitali”, quelle con un punteggio di 43 o inferiore sono classificate come “ritardatarie”.

“Lo studio ha identificato tre booster a cui i più performanti si affidano per diventare più maturi digitalmente – dice Roberto Ventura, partner di Bcg ed esperto digital e Artificial Intelligence -. Spendono oltre il 5% dell’Opex (spesa operativa) in progetti digitali, assegnano a ruoli e progetti digitali più del 10% dei propri dipendenti, sono più capaci di affinare e scalare progetti pilota in soluzioni operative”.

Il settore finanziario asiatico raggiunge il punteggio più alto, con un Dai di circa 60. In Europa e Stati Uniti, invece, sono le Tlc il settore leader. Fattore fondamentale per un buon punteggio è l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale: in Asia viene usata dall’87% delle imprese, contro il 78% dell’UE e il 74% degli Stati Uniti.

L’Asia entra nell’analisi per la prima volta. I digital champions asiatici sono leggermente in vantaggio rispetto agli statunitensi (54% vs 51%) per quanto riguarda il numero di dipendenti impegnati in ruoli digitali e in netto vantaggio rispetto agli europei (44%). Gli Usa invece primeggiano per quota di Opex investita in progetti digitali dai loro digital champions (90%), maggiore rispetto all’Asia (75%) e Ue (65%).

Dallo studio emerge come ben tre campioni su quattro (77%) e solo il 43% dei ritardatari abbiano in previsione di aumentare la forza lavoro digitale di oltre il 20%. In Europa, lo farà il 70% dei digital champions, meno di quelli dell’Asia (dove sono il 90%), ma più degli Stati Uniti (65%). Ma c’è anche un investimento interno: metà dei digital champions (51%) e solo il 29% dei ritardatari prevede di potenziare le capacità digitali di oltre il 20% del personale.