Roma, 15 lug – Il tasso di disoccupazione in Italia – il secondo più alto della zona euro – sta producendo una nuova ondata di migrazione giovanile verso l’Europa e la Germania, in particolare Berlino, rappresenta una delle principali destinazioni. E’ quanto si legge sul Mitte, secondo il quale i giovani italiani e la migrazione sono un binomio che negli anni ha sempre qualificato il rapporto complesso delle nuove generazioni con la loro terra d’origine, tenendo ovviamente conto del cambiamento delle congiunture politiche e sociali.
Le caratteristiche di questa nuova migrazione sono diverse da quelle rilevabili anche solo due decenni fa, sottolinea Il Mitte. “Non è solo il bisogno di lavorare a spingere i giovani a lasciare l’Italia, ma anche la prospettiva di riuscire a esprimere altrove qualifiche e competenze che in patria sembrano non trovare sbocchi. Possiamo insomma parlare di una crisi a tutto tondo, che riguarda non solo la crisi occupazionale in senso classico, ma anche l’incapacità di realizzarsi davvero attraverso il lavoro”, si legge sul suo sito.
Giada Armante (italo-tedesca di Berlino) e Claudia Cerulo (di Napoli) si sono concentrate su storie individuali di giovani italiani sia in Germania che in Italia. Ispirate dal titolo del terzo libro della quadrilogia di Elena Ferrante, hanno intervistato tre persone a Berlino e tre persone a Napoli, per rispondere alle seguenti domande: Perché hanno deciso di partire o di rimanere? In che misura il populismo, che in Italia sembra trovare terreno fertile nella crisi oggettiva dell’occupazione, influisce sulla loro vita? Come percepiscono la situazione attuale in Italia e all’estero?
Il progetto di Armante e Cerulo – frutto del workshop “Decoding right-wing populism” svolto presso la Europäische Akademie Berlin – racconta la migrazione sud-nord dei giovani cittadini dell’UE in tempi di crisi, argomento che raramente viene discusso in un contesto europeo più ampio.
“Giovani italiani: Storia di chi fugge e di chi resta” fa parte di un multimedia feature che è stato pubblicato in inglese, ricorda Il Mitte. Per quanto riguarda le interviste, Il Mitte ha scelto la storia di Giulia.
Giulia Norberti, 29 anni, è nata e cresciuta in un paese vicino a Torino. Ha studiato Scienze Strategiche all’Università di Torino e ha trascorso un semestre all’estero presso l’Università Artica di Norvegia. È venuta a Berlino per lavorare con mafianeindanke e.V. nell’ambito del Servizio Volontario Europeo. Si è poi candidata all’Università Humboldt di Berlino per un secondo master in Metodi di ricerca in scienze sociali. Attualmente vive nella capitale tedesca, dove ha un lavoro part-time presso la Open Knowledge Foundation Deutschland ed è parte integrante di mafianeindanke e.V., su base volontaria.
“A casa mia, dove sono cresciuta, al momento la situazione è piuttosto complicata. C’è un clima di generale pessimismo e frustrazione perché i lavori non sono pagati bene, il costo della vita è piuttosto alto e c’è molta incertezza”, afferma Norberti. “Inoltre, molti posti di lavoro non offrono sufficienti garanzie, spesso si tratta di contratti a breve termine che vengono rinnovati all’ultimo minuto. Questa situazione influenza molto, credo, lo stato d’animo della gente. La frustrazione aumenta e si ha la sensazione di essere una sorta di vittima del sistema e che non si possa cambiare nulla”.
“Mentre la sensazione che percepisco qui a Berlino, o a Tromsø, dove ho studiato, è completamente diversa. Così, da giovane, qui e in Norvegia ho sempre avuto questa sensazione: devo sforzarmi, ma se davvero ci provo e voglio davvero qualcosa posso farcela. È questa è la differenza principale rispetto all’Italia. Questo è quello che penso influisca di più sull’approccio alla vita”, sostiene ancora la giovane italiana.
“Se hai la sensazione di essere semplicemente indifeso e senza speranza, che nessuno dei tuoi sforzi verrà riconosciuto, allora perderai inevitabilmente la motivazione e ti ritroverai in uno stato d’animo passivo, dove non vuoi più fare niente”, insiste Norberti. “Tanti miei amici in Italia, persone con cui sono cresciuta, stanno lottando molto: alcuni di loro hanno cercato di realizzare i loro sogni, ma hanno fallito. Le loro aspettative sono sempre state disattese. Non solo hanno fallito perché non sono riusciti ad ottenere la posizione o i soldi che volevano, ma soprattutto perché erano così delusi dall’intero sistema e avevano la sensazione di aver sprecato tanto tempo ed energie”.
“Per quanto possa sentirmi in colpa per non vivere in Italia, contribuendo così all’evoluzione della società, penso anche che tornare e lavorare per una compagnia di assicurazioni, vivendo a casa dei miei genitori, non sarebbe davvero un buon modo per restituire qualcosa. È una questione di valutazione. Le persone cercheranno sempre la propria situazione migliore”, conclude Norberti.