Roma, 10 set. – La Camera dei Comuni britannica ha bocciato per la seconda volta la richiesta del premier Boris Johnson di andare a nuove elezioni anticipate. In base alle norme la richiesta dove essere accolta dai due terzi dei 650 deputati, ma ha ricevuto solo 293 voti favorevoli. I voti contrari sono stati 46, moltissimi gli astenuti. “La maggioranza non soddisfa i requisiti di legge”, ha detto lo speaker John Bercow, che poi ha annunciato le sue dimissioni.

“Ancora una volta l’opposizione pensa di essere più furba”, ha commentato Johnson dopo il voto. Il premier ha confermato che i lavori del parlamento verranno sospesi fino al prossimo 14 ottobre, sollevando le rimostranze dei deputati d’opposizione.

Il leader laburista Jeremy Corbyn durante il dibattito aveva ribadito la posizione del suo partito e di tutta l’oppsizione: sì al voto anticipato, ma solo dopo che la Brexit no-deal verrà scongiurata. Johnson ha ribadito invece che non chiederà un rinvio della Brexit in nessun caso. Il parlamento ha approvato una legge che lo obbliga a chiedere il rinvio rispetto alla scadenza prevista al momento del 31 ottobre se entro il 19 ottobre non avrà raggiunto un nuovo accordo con l’Unione europea.

La seduta della Camera dei Comuni si è così chiusa tra strilli polemiche e urla di “vergogna, vergogna” dalle opposizioni all’indirizzo dei Tory. I deputati si sono spostati alla Camera dei Lord per avviare la cerimonia tradizionale che sospenderà il parlamento fino al prossimo 14 ottobre. Ai lord l’aula è semideserta, perchè il gruppo laburista e quell liberaldemocratico boicottano la cerimonia. Lo speaker dei Comuni ha avuto parole di critica per la sospensione del parlamento voluta da Johnson, una sospensione “per decreto esecutivo” ha detto il dimissionario Bercow prima di chiudere i lavori.

Il parlamento Britannico ora è chiuso fino al prossimo 14 ottobre, quando riaprirà con il Queen’s speech, il discorso programmatico del governo Johnson letto da Elisabetta II. Tra gli ultimi atti approvati oggi dai Comuni in rotta con il premier la richiesta di consegnare al parlamento le chat riservate di Downing Street relative al progetto e alla decisione di sospendere il parlamento, per verificare se l’obiettivo dell’esecutivo nell’interrompere i lavori per cinque settimane sia quello, sempre negato, di sbarazzarsi un interlocutore scomodo sulla Brexit.