L'Ufficio Postale di Gioiosa Ionica

Se c’è una cosa che non dimenticherà più Enza, sono quelle mattine presto, che faceva un gran freddo, quando il vento tirava schiaffi sulla faccia e per strada non c’era nessuno, neanche un cane, solo i lampioni con la luce smorta rimasta accesa, e quella strana atmosfera come in guerra, e lei, soltanto lei, che camminava per andare ad aprire l’Ufficio. E in quel silenzio assordante, quando arrivava in via D’Annunzio c’era la Gelateria Mittica priva di vita, tutta chiusa, i suoi pannelli ricoperti dall’edera che sembravano abbandonati nel vuoto, e la casa di fronte con le mura nude di mattoni rossi, i ponteggi e la betoniera, senza più i muratori che giravano la calce e spingevano le carriole. Ma all’improvviso lì davanti, sotto l’insegna delle Poste Italiane, davanti a quella saracinesca che lei doveva aprire, lì c’era una folla. Tutta quella gente aspettava lei. “Quando tutto era chiuso, noi ci siamo stati”, dice Enza. «E ci siamo stati sempre. Io sono fiera di questo. Qui a Gioiosa Ionica eravamo aperti soltanto il tabaccaio, il farmacista, le rivendite alimentari e noi di Poste. E nessun altro, per almeno due mesi. Abbiamo tenuto duro, e continuiamo a tenere duro, e continueremo a farlo, perché il Covid nel Sud è arrivato adesso”.

L’educazione dei clienti
Enza è la direttrice di questo ufficio da quattro anni a Gioiosa Ionica, in provincia di Reggio Calabria, 12 dipendenti, che in quarantena erano dimezzati per ovvi motivi, e un bel pacchetto di clienti, praticamente tutta la città e zone limitrofe, “anche perché è da anni che qui non ci sono più sportelli bancari, e quindi le Poste sono l’unico intermediario finanziario rimasto a presidiare il territorio e garantire i servizi”. Quando è arrivato il Covid, su al Nord, ed è esplosa la paura, all’inizio la gente s’è spaventata ma ha subito ripreso a venire come prima, e Domenico Grenci, sportellista, racconta che in pratica hanno dovuto educarli, se non altro per evitare assembramenti pericolosi, perché molti continuavano a far le code in gruppo, mezza famiglia in fila, “e allora abbiamo spiegato al cliente che doveva venire solo se c’era un’urgenza, una cosa non differibile, a prendere due o tre bollettini assieme e radunare le diverse operazioni in una sola visita, cercando di aiutare gli anziani facendo le commissioni per loro. E le mamme invece dovevano evitare di presentarsi con i bambini. Li abbiamo educati ad altre soluzioni alternative, come la carta magnetica, associata al libretto postale, che si chiama carta libretto, o a lavorare tramite il sito e l’applicazione, APP BancoPosta, oppure APP PostePay”. Se uno gli chiede se tutto questo ha funzionato, beh, dice di sì Grenci, “adesso ci chiedono molte più informazioni rispetto a prima riguardo i pagamenti on line”. Ormai è una verità accertata: il Covid ha accelerato lo sviluppo digitale della nostra società. Però, sì, «ha funzionato», ripete Grenci, “ma poi l’afflusso di persone ha continuato a rimanere quello di prima. Il fatto è che il nostro è un punto di riferimento obbligato, e non solo perché non c’è una banca. Noi facciamo di tutto, sim, polizze, assicurazioni, ricariche telefoniche, bollette, pensioni, investimenti, proprio tutto”.

Orgogliosi di farne parte
Alla fine, con questa terribile pandemia che sembra non finire più, “si è rafforzato il riconoscimento del brand come valore sociale”, spiega ancora la direttrice. Con risultati addirittura impensabili. La consulente finanziaria Chiara Riitano racconta come sia ad esempio cresciuta la voglia di risparmio: “All’inizio erano spaventati e venivano solo per chiedere informazioni, con l’intenzione di togliere gli investimenti. Abbiamo spiegato che bisognava avere pazienza. E abbiamo avuto ragione, perché gli interessi adesso sono risaliti”. Assieme alla gran paura è cresciuta anche la volontà di mettere qualcosa da parte, aumentando il risparmio. E se la seconda ondata che ci sta minacciando sarà brutta come la prima, niente paura, assicura Enza Tredici, “noi siamo pronti. L’azienda ci è stata vicinissima, ci ha messo nelle condizioni migliori per poter lavorare in sicurezza, dopo pochi giorni avevamo già tutto, mascherine, gel igienizzante, plexiglas. E quando c’è stato un cliente positivo, ha risposto sanificando subito l’ambiente. Dopo questa esperienza io sono ancora più orgogliosa di appartenere a questa azienda. Rivedo nella memoria quei clienti in fi la nella città deserta e ho l’orgoglio di esserci stata per quelle persone, di non aver mai chiuso le porte”.