In questa intervista, realizzata dal magazine Postenews in occasione del secondo incontro Sindaci d’Italia, lo psichiatra Paolo Crepet parla del ruolo di Poste Italiane nei Piccoli Comuni.
“Poste Italiane è uno strumento fondamentale per creare una rete e far uscire i piccoli comuni, soprattutto quelli di montagna, dall’isolamento». Paolo Crepet, psichiatra, opinionista e scrittore, molti anni fa ha deciso di trasferirsi a Civita di Bagnoregio, il borgo laziale noto anche come “La città che muore” e visitato dai turisti di tutto il mondo.
Professor Crepet, com’è la vita nei piccoli comuni d’Italia?
“Tutti i piccoli borghi vivono una grandissima trasformazione. Una volta si diceva “piccolo è bello” e i borghi anche oggi rappresentano realtà culturali urbanistiche che possono avere un ruolo molto importante per il futuro. Io ho scelto Civita perché cercavo il ‘buen retiro’, ma i borghi dovrebbero essere rivitalizzati dai giovani e questo oggi sarebbe possibile. Un borgo collegato attraverso Internet è un luogo molto adatto a uno stile di vita diverso da quello che abbiamo voluto, progettato e sognato dagli anni ’50, quando è cominciato il movimento verso le grandi città. Una tendenza che, nel tempo, ha manifestato i suoi limiti per tanti motivi, a partire dai costi e da uno stile di vita sovraccarico di ansie. Il borgo è anche il posto della rilassatezza, dei rapporti umani più sinceri e dell’accoglienza”.
Quali sono le strategie per evitare che i borghi scompaiano?
“Per esempio, defiscalizzare. Una politica lungimirante potrebbe decurtare le tasse sulla pensione, ma anche per le giovani coppie, a tutti i residenti nei paesi più piccoli. L’Italia ha subito un depauperamento enorme da quando i borghi si sono svuotati. Ma il borgo oggi rivive se dà lavoro, se ci sono persone creative in grado di rivitalizzare i centri storici”.
Il percorso naturale è spostarsi, per esigenze di studio o lavorative, dal piccolo comune alla città. A chi consiglierebbe di fare il contrario?
“Il borgo è una alternativa credibile non solo per i romanticoni che vogliono fare gli hippy. Qualche tempo fa ho ritrovato nel Chianti un sacco di gente che era scappata da Milano e ora ha a che fare con i figli adolescenti che vogliono andarsene in città… Bisogna rendere possibile la vita in questi luoghi non come sogno momentaneo, ma come occasione di arricchimento per se stessi e per il Paese. Il borgo non è una moda, deve essere un ragionamento sulle nostre risorse che non sono solo museali”.
Con Postenews accompagniamo spesso i portalettere nelle loro consegne, nelle zone più difficili d’Italia. Come è percepito il postino nei piccoli comuni?
“Poste Italiane è lo strumento fondamentale per mantenere in vita i piccoli comuni. Il postino arriva ovunque: nella frazione in montagna raggiunge il signor Antonio, di 80 anni, che non ha più voglia di scendere giù al paese più grande per comprare un libro… Poste è fondamentale per mantenere questa rete, ed è un réseau che sa di italianità. Ricordiamoci che la migliore cultura italiana, quella che ha arricchito il mondo, è sempre partita dalla provincia: Fellini veniva da un paesello, Pasolini anche. Il concetto di ‘provinciale’ viene usato in toni quasi dispregiativi come sinonimo di ingenuità e semplicioneria: è una visione che andrebbe ribaltata completamente”.
Su quali attività bisognerebbe puntare?
“L’artigianato, per esempio, non ha bisogno di grandi strutture per produrre. Pensiamo al borgo fabbrica di Solomeo, dove si produce il cachemire di Brunello Cucinelli: è un’idea molto interessante che parte dal principio che produci meglio dove vivi meglio. La rivoluzione industriale ci ha allontanato da questo concetto. Dovremmo imparare a riabilitare la bellezza. Nei nostri centri storici ci sono milioni di metri cubi del ’500, ’600 e ’700 invasi da topi e colombi. Dobbiamo agevolare anche i restauri. Io ci ho impiegato vent’anni a ristrutturare un edificio che altrimenti sarebbe crollato”.