Lettere nella storia: Ipazia svelata dalla corrispondenza

Lettere ne ha scritte, ma nessuna è giunta sino a noi. Sono tuttavia delle lettere la testimonianza più credibile e puntuale sulla sua esistenza e sui motivi della sua fama. Tutti, infatti, parlano di Ipazia, considerata la donna più autorevole dell’antichità, tra le più colte della storia. Il suo nome significa “eccelsa”. Ormai icona di garanzia per la parità di genere. Filosofa, astronoma, matematica dalle intuizioni avanzate rispetto al suo tempo, se la contendono femministe e scienziati. Di lei, vissuta in Alessandria d’Egitto tra il III e IV secolo della nostra era, non esiste alcuno scritto. Quel pochissimo che si sa ci viene da fonti orali o indirette, ossia autori che ne scrivono.

Maestra sapiente

Non sono numerosi questi autori suoi contemporanei o quasi. Ce n’è uno in particolare cui dobbiamo una ragionevole conoscenza di Ipazia: Sinesio di Cirene, filosofo, sposato, convertito e acclamato vescovo cattolico. Vita breve (morto a 43 anni) e piuttosto provata, per qualche anno fu allievo di Ipazia in Alessandria. Un legame di amicizia e di folle stima per la maestra sapiente che gli avrebbe insegnato a considerare la filosofia “uno stile di vita, una costante, religiosa e disciplinata ricerca della verità”. Visse con devozione il ricordo della straordinaria docente che richiamava da ogni dove frotte di discepoli. La sua testimonianza si basa sulla corrispondenza con Ipazia. Tra le 156 lettere di Sinesio a noi pervenute, sette sono indirizzate a Ipazia, ma di lei parlano anche altre missive a diversi destinatari.

Una vita virtuosa

Pertanto, Sinesio rimane la fonte principale per ricostruire lo stile di vita di Ipazia, l’indole filosofica e spirituale della maestra, la sua sensibilità scientifica e umana, l’atmosfera dell’insegnamento nel cerchio dei suoi discepoli. Alcuni studiosi sono convinti che l’apertura “nei confronti del religioso” appresa alla scuola di Ipazia abbia contribuito alla conversione cristiana di Sinesio. Altri lo ritengono “specchio di Ipazia”, ossia fonte primaria e fedele per ricostruire la personalità e l’impostazione filosofica di Ipazia d’Alessandria, sensibile alla filosofia neoplatonica che riteneva una vita virtuosa requisito fondamentale per diventare saggi. Ipazia – si legge in una lettera – conosceva l’indole umanitaria del suo giovane allievo, sensibile al bene per gli altri. Dalla cura della maestra nel sottolineare e lodare questa nota positiva dell’allievo se ne deduce che lei stessa vivesse quest’apertura altruistica. Ipazia è stata per Sinesio un modello nell’uso del potere a beneficio altrui. In definitiva a essere “il bene degli altri”.

Testimonianza d’affetto

Sinesio parlava di lei come “l’unico bene incontaminato” assieme alla virtù. La testimonianza più emozionante del suo affetto verso Ipazia si trova nell’ultima lettera a lei indirizzata. “Detto questa lettera dal letto nel quale giaccio – vi si legge – Possa tu riceverla stando in buona salute, o madre, sorella e maestra, benefattrice in tutto e per tutto, e tutto quello che per me ha valore in parole e opere. Ho perduto i figli e gli amici, la benevolenza di ciascuno. Ma la perdita più grande è la mancanza del tuo spirito divinissimo, la sola cosa che avevo sperato mi rimanesse per superare i “capricci” della sorte e i raggiri del fato”.

Straordinaria saggezza

Socrate Scolastico, storico cristiano quasi suo contemporaneo scrive di Ipazia: “Per la magnifica libertà di parola e di azione che le veniva dalla sua cultura, accedeva in modo assennato anche al cospetto dei capi della città e non era motivo di vergogna per lei lo stare in mezzo agli uomini: infatti, a causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale”. E Sinesio dopo una visita alla città di Atene scrive al fratello Evozio: “L’Atene di oggi non ha nulla di eccelso a parte i nomi delle località […] al giorno d’oggi l’Egitto tiene desta la mente avendo ricevuti i semi di sapienza da Ipazia. Atene, al contrario, che fu un tempo la sede dei sapienti, viene ora onorata solo dagli apicoltori”.