Scienziato della meraviglia di fronte all’universo e all’uomo che cerca il senso del suo stare al mondo. È azzardato, se non presuntuoso, voler definire con una formula semplice Pierre Teilhard De Chardin (1881-1955), mistico e studioso fantasioso capace di sedurre scienza e fede, cuore e intelletto; di scuotere come un albero nella tempesta il modo di guardare la vita, inseguire l’evoluzione dell’universo. “Due cose – scrisse il filosofo Kant – riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me”. Teilhard De Chardin (1881-1955) gesuita e scienziato ha fatto le due cose in modo eminente.
Un nuovo modo di riferirsi alla fede
Nonostante la pazienza richiesta dalla paleontologia, dalla filosofia, dalla teologia, il suo pensiero è calato nella cultura occidentale come un turbine, scuotendo il modo tradizionale di percepire scienza e fede. Ha creato panico e acceso speranze di libertà. Discusso per le sue teorie scientifiche ma anche fonte di ispirazione spirituale per tantissimi cristiani e non, paladino dell’evoluzione, ha sconcertato e affascinato con le sue visioni esistenziali e scientifiche. C’è stato un periodo lungo nel quale non si parlava che del “fenomeno Teilhard”, delle sue parole nuove sul modo di riferirsi alla fede e viverla con coerenza nonostante le censure devastanti del Vaticano. Ora “l’astro Teilhard declina. Il suo pensiero non è più alla moda”. Ma solo in apparenza. Lo stesso Teilhard ha scritto che “il cammino del pensiero è una potenza insaziabile e devastatrice di tutto ciò che ha fatto il suo tempo”. Il movimento ecologico in crescita, presto lo riscoprirà. Il gesuita censurato un tempo è addirittura citato nella Laudato si’ di Francesco, la più avveniristica tra le encicliche papali.
Mai parole senza senso
Sono le Lettere di Teilhard la chiave per capire le sue opere maggiori e rivoluzionarie, cogliendone il fuoco dell’amore che lo ha bruciato senza divorarlo, anzi sublimandolo perfino nel riferimento alle donne su cui si è tentata l’ennesima speculazione a suo danno. Le Lettere di Teilhard schiudono un mondo affascinante: mai parole senza senso, come si conviene a una mente rigorosa, ma calde di umanità, intense di equilibrio che aiutano a governare gli eventi anziché restarne prigionieri. Vastissima la produzione scientifica, letteraria con la quale Teilhard scompaginato il modo di pensare e raccontare scienza e fede. Il Fenomeno umano, l’Ambiente divino, Il Cuore della Materia, Inno dell’universo sono tra le opere più note, ma la radice della sapienza ivi contenuta si trova nelle sue Lettere spalmate nell’arco di vita e significative per i destinatari (studiosi, religiosi, amici, donne, familiari), per i luoghi (Europa, America, Cina, Africa) e per le condizioni (la Grande Guerra) dove sono state scritte. Documentano l’intima genesi del suo pensiero teso a svelare il senso dell’universo avviato – a suo dire – verso un punto Omega.
Fonte di neologismi
Nel suo linguaggio evocativo rientrano neologismi come la noosfera che mira alla sintesi tra il cosmico e l’umano. Le Lettere della guerra e le Lettere di viaggio sono le raccolte più interessanti, ma non sono da meno Le Lettere intime. All’amico e compagno Fontoynont, Teilhard poneva questa domanda: “In qual modo essere cristiano come nessuno, pur essendo uomo più di tutti?”. O anche: “Vorrei poter amare appassionatamente il Cristo nell’atto di amare l’Universo. È una chimera o una bestemmia?”. Suggeriva, inoltre, di lavorare “a una mediazione salutare tra i devoti del cielo e quelli della terra”. Non comune Pierre (come lo chiamavano alcune donne con cui intrattenne singolare dimestichezza) anche nell’affrontare l’universo donna. Pur confessando alla fine della vita la sua “indefettibile fedeltà al voto di castità” Teilhard ha perfino creato parole uniche su “l’Universale femminino”. Lucile Swan una delle donne da lui più amata che a lungo aveva sperato di conquistarlo anche da innamorata, nel 1934 scriveva nel diario pensando al “diletto Pierre” con nostalgia: “Questo splendido amore, non fisico, molto più profondo e più durevole”.