“Una squadra di amici che ha consumato ossa, sudore, sangue e fatica per caricarsi sulle spalle, ognuno per quanto poteva una missione, un’impresa, rendere possibile l’impossibile, sfidare e battere lo status quo, agitare le acque fino a scatenare uno tsunami”. Inizia così “La bella stagione”, il libro edito da Mondadori nel 2021 per celebrare il 30esimo anniversario dello scudetto della Sampdoria e scritto dai protagonisti di quella straordinaria storia, su tutti Gianluca Vialli e Roberto Mancini. E, con loro, Attilio Lombardo, Gianluca Pagliuca, Moreno Mannini, Pietro Vierchowood, Beppe Dossena, Fausto Pari, il mitico Toninho Cerezo, Luca Pellegrini e Marco Lanna, attuale presidente della Sampdoria. Un gruppo di amici prima ancora che di calciatori, cresciuto agli ordini di Vujadin Boskov, protetto e sostenuto dallo spirito paterno del presidente Paolo Mantovani; un gruppo che 30 anni dopo tiene viva quella vicenda umana e sportiva anche con la chat dei campioni d’Italia del 1990-91 e che appena può si ritrova a Genova da Carmine, ristorante di Quinto a due passi dall’ex villa di Vialli negli anni d’oro della Samp, uno dei due-tre rifugi blucerchiati di quella bella e indimenticabile stagione.
Allegro, vivace e meticoloso
Un gruppo che in parte Roberto Mancini ha ricreato nello staff azzurro campione d’Europa (chiamando anche Lombardo, Salsano e Nuciari) e che oggi si sente più solo per la perdita di quello che già allora era l’uomo più carismatico dello spogliatoio blucerchiato: “Luca è un ragazzone allegro, vivace, meticoloso – si legge nelle prime pagine del libro – Capelli corti, naso importante, fisico potente. Un gran lavoratore se c’è da lavorare e un formidabile perditempo se c’è da perdere tempo”. Da diversi anni Luca e Roberto inseguivano il sogno di cucire lo scudetto sulla maglia della Samp, ogni estate respingevano le sirene dei club più blasonati che li avrebbero voluti in rosa: li chiamavano “eterne promesse”, quelli “belli ma incompiuti”, che difficilmente avrebbero strappato lo scettro alle big, anche se dalla loro parte avevano la simpatia, l’incoscienza della gioventù e il volto pulito: “Sampdoria è come bella ragazza che tutti vogliono dare baci”, diceva Boskov con il suo bagaglio di ironia e furbizia. Vialli Mancini, insieme agli altri protagonisti di quella Samp, si erano fatti una promessa: nessuno se ne sarebbe andato via da Genova senza regalare alla storia blucerchiata il primo scudetto.
Dal libro al film
Come il libro ricorda, in quella stagione di grazia l’impresa riuscì. La Samp di Vialli e Mancini riuscì a vincere la concorrenza dell’Inter dei tedeschi campioni del mondo, del Milan di Sacchi e degli olandesi che dominava in Europa, della Juve di Baggio e Schillaci e dell’ultimo Napoli di Maradona. Il libro – che sa rendere lo spirito profondo del calcio, l’emozione del campo, il clima dello spogliatoio, l’anima di una squadra – è recentemente diventato un film documentario di Marco Ponti, girato tra Genova e Londra, proprio a casa di Vialli. Un mese fa, i giocatori-amici della Samp campione d’Italia si sono ritrovati ancora una volta per presentarlo prima al Torino Film Festival e poi tra le “mura amiche” di Genova, un’occasione per rivedersi ancora tutti insieme e anche per raccogliere fondi per l’Ospedale Gaslini, come già facevano ai tempi di Mantovani: “L’idea era raccontare una storia, condividere con chi questa storia l’ha vissuta o l’ha solo conosciuta dopo: valori di amicizia, senso di appartenenza, litigi, ma capacità di reagire tutti assieme”, ha detto Vialli a Genova, in quella che è stata una delle sue ultime apparizioni pubbliche. “E poi alla fine è stata tutta una scusa per fare qualcosa insieme, cazzeggiare e divertirci”. Solo come tra veri amici si può fare.