Roma, 4 mar – Segnali di ripresa dai prezzi alla produzione dell’industria nell’area euro, uno sviluppo che allenta le pressioni sulla Banca centrale europea nella settimana
in cui torna a riunirsi il Consiglio direttivo da cui erano attesi possibili sviluppi sui futuri orientamenti della politica monetaria. L’istituzione si trova infatti nella difficile gestione della fase di rimodulazione degli stimoli, avviata proprio mentre l’economia dell’area euro accusa segnali di rallentamento legati anche alla congiuntura internazionale.

Negli ultimi mesi si è verificato anche un rallentamento inflazionistico che complica ulteriormente il quadro. Le misure di stimolo della Bce sono infatti formalmente giustificate con l’obiettivo, stabilito dai trattati europei, di garantire la stabilità dei prezzi. Che in termini pratici significa puntare ad avere una inflazione inferiore ma vicina al 2 per cento sul medio termine.

La precedente accelerazione del caro vita aveva incoraggiato la Bce a procedere a una rimodulazione dei suoi sostegni all’economia, con lo stop agli acquisti netti di titoli a partire da gennaio e la prospettiva di procedere ad un possibile primo aumento dei tassi di interesse nel corso dell’estate. Ma già a novembre l’inflazione aveva cambiato rotta, portandosi all’1,9 per cento dal 2,3 per cento di ottobre, successivamente a dicembre ha segnato un ulteriore netto calmieramento, all’1,5 per cento, a gennaio un’altra limatura all’1,4 per cento e a febbraio, secondo la stima preliminare diffusa da Eurostat, ha
segnato 1,5 per cento.

Sempre oggi l’ente di statistica dell’Unione europea ha però riferito che a gennaio la caduta dei prezzi alla produzione nell’industria dell’area euro si è interrotta: hanno registrato un incremento dello 0,4 per cento rispetto al mese precedente, dopo il meno 0,8 per cento di dicembre e il meno 0,3 per cento di novembre. Il tasso di crescita su base annua si è stabilizzato al più 3 per cento. A determinare le ultime fluttuazioni, ancora una volta è stata la voce energia, ora in ripresa.

Un altro elemento chiave al vaglio dei banchieri centrali arriverà domani, martedì, con i dati definitivi sull’attività delle imprese dell’area euro, in base all’indice dei responsabili degli approvvigionamenti che si completerà con le letture nel settore terziario. La componente relativa all’industria manifatturiera ha mostrato un quadro di contrazione a febbraio. E la dinamica di debolezza potrebbe rendere più prudente la Bce nel procedere alla rimodulazione degli stimoli.

Soprattutto lo scenario più probabile è che l’ipotetica data del primo rialzo de tassi slitti in avanti, magari addirittura al 2020. Anche alla luce del fatto che oltre Atlantico la Federal
Reserve è entrata in una modalità di stand-by e non appare orientata in questa fase a effettuare ulteriori rialzi. Un rinvio si evidenzierebbe con ogni probabilità in una modifica della “foward guidance”, le indicazioni previsionali che la stessa Bce fornisce sul futuro dei tassi di interesse e che nell’ultima versione, a seguito del direttoruio di gennaio recitano che “il Consiglio direttivo si attende che i tassi di interesse di riferimento della Bce si mantengano su livelli pari a quelli attuali almeno fino all’estate del 2019”.

Il direttorio Bce si svolgerà mercoledì sera e giovedì mattina, gli annunci di politica monetaria arriveranno alle 13 e 45 di giovedì mentre alle 14 e 30 il presidente Mario draghi terrà la consueta conferenza stampa esplicativa.