Roma, 8 mar – Tonfo della borsa di Shanghai. Il principale mercato asiatico accusa uno scivolone del 4,40%. In un solo giorno è stato vanificato il rialzo dal luglio dello scorso anno con l’indice principale che torna sotto la fatidica soglia dei 3mila punti.

A provocare la tempesta sono stati i pessimi dati sull’export cinese. A febbraio le vendite all’estero di Pechino hanno accusato un crollo del 20,7%, la peggiore performance da oltre tre anni. Il dato è stato decisamente peggiore rispetto alle stime degli analisti che indicavano una contrazione del 4,8%.

In forte calo anche le importazioni con una caduta del 5,2% rispetto alle stime di un -1,4%. Il surplus commerciale di febbraio si attesta così a 4,12 miliardi di dollari rispetto alle stime di 26,38 miliardi.

La tempesta sul mercato azionario cinese si è allargata anche agli altri principali listini asiatici. Tokyo ha lasciato sul terreno il 2%, stessa performance per Hong Kong, Seoul accusa un calo dell’1,35%.

L’import-export cinese conferma la fase di rallentamento dell’economia. Le autorità di Pechino hanno abbassato l’obiettivo di crescita del Pil nel 2019 tra il 6 e il 6,5%, che significa un tasso di sviluppo ai minimi negli ultimi 20 anni.

Ma tra gli analisti serpeggiano timori sulle prospettive del mercato azionario cinese. A gennaio la borsa di Shanghai è stata protagonista di un autentico rally aumentando la capitalizzazione di 1.800 miliardi di dollari. A spingere gli acquisti la volontà del governo di varare nuove misure di stimolo per sostenere la crescita economica.

Tuttavia molti analisti ritengono che l’azionario sia sopravalutato. La Citic Securities in una nota ai propri clienti indica che la borsa di Shanghai potrebbe andare incontro a una correzione al ribasso del 40%. “C’è troppa speculazione sul mercato azionario” afferma un broker. Per favorire i rialzi del mercato azionario, negli ultimi mesi le autorità di controllo sui mercati hanno rimosso una serie di vincoli e restrizioni per scoraggiare la speculazione e non tornare a vivere l’esperienza dell’estate del 2015 quando in appena tre mesi l’indice principale del listino è crollato da 5.500 a 3.200 punti.