Roma, 16 mag – In Italia il 50% degli adulti ha competenze digitali medio basse o addirittura inesistenti mentre solo il 9,3% degli occupati partecipa a formazione formale e informale di fronte alla prospettiva che tra l’8 e il 10% dei posti di lavoro rischi di scomparire a causa dell’automazione.

Sono alcuni dei dati diffusi nell’ambito del Forum tematico “Formazione: investimento nella crescita” promosso da Fabbrica per l’Eccellenza, la learning community di Compagnia delle Opere per le medie imprese italiane.

La ricerca ricorda che secondo il World economic Forum a livello mondiale ci sarà un calo di 75 milioni di posti di lavoro dovuto ad automazione ma allo stesso tempo un guadagno di 133 milioni di nuovi posti entro il 2022 per le nuove competenze digitali. Il 20-25% delle risorse umane subirà profondi cambiamenti nelle mansioni.

In particolare, le competenze fisiche e manuali (38% delle ore lavorate attualmente) subiranno una variazione del -15% nel 2030 divenendo “abilità tecniche, di controllo” mentre le competenze cognitive di base (attualmente al 17% delle ore lavorate) anch’esse caleranno del 15% trasformandosi nel 2030 in “data entry, capacità di calcolo”.

Le attuali competenze cognitive di alto livello (oggi al 19% delle ore lavorate) subiranno un incremento pari al +9% e diventeranno “pensiero critico e problem solving”; le competenze sociali e relazionali (le cosiddette soft skills), oggi quantificate nel 15% delle ore lavorate, faranno segnare nel 2030 un sensibile incremento (+27%) e si trasformeranno in “lavorare in gruppo, capacità di leadreship”. Infine le competenze tecnologiche, nel 2016 pari al 10% delle ore lavorate, aumenteranno in maniera esponenziale (+61%) traducendosi in “programmazione e analisi dati”.

Un quadro che può rappresentare un rischio per alcuni paesi, in particolare quelli con tassi di disoccupazione elevati, bassa formazione e scarsi investimenti in tecnologia subiranno le conseguenze dell’automazione maggiormente di altri.

Turchia, Italia, Grecia e Spagna, sottolinea lo studio, dove la spesa media in istruzione sul PIL è del 3,6%, “sono i paesi che più di altri subiranno l’impatto del progresso tecnologico in termini di posti di lavoro a rischio sul totale” mentre Canada, USA, UK, Svezia, Danimarca, Paesi Bassi e Norvegia “costituiscono, invece, i bacini del mercato del lavoro con il più basso tasso di rischio di perdita di posti”. Sono, infatti, i Paesi dove la spesa media in istruzione è più alta (5,1% sul Pil). Complessivamente, il rischio medio di perdita di posti di lavoro a causa dell’automazione tra i Paesi osservati è del 48%.