Roma, 24 giu – “Negli ultimi dieci anni i dati sui trasferimenti di residenza da e per l’estero fanno rilevare un saldo migratorio degli italiani sempre negativo e una perdita netta di circa 420 mila residenti. Circa la metà di questa perdita (208 mila) è costituita da giovani dai 20 ai 34 anni e, di questi, quasi due su tre sono in possesso di un livello di istruzione medio-alto. I principali Paesi di destinazione sono il Regno Unito (che guadagna complessivamente nel decennio circa 31 mila giovani con livello di istruzione medio-alto) e la Germania (21 mila)”. Lo afferma l’Istat nel rapporto annuale.

Sul quadro demografico caratterizzato dal calo delle nascite e dall’invecchiamento della popolazione si è soffermato nell’intervento introduttivo il presidente della Camera, Roberto Fico: “Come evidenziato nel Rapporto questi cambiamenti ridurranno progressivamente, già nel medio termine, la popolazione in età lavorativa, con possibili ricadute negative sul potenziale di crescita economica e sulla qualità del capitale umano disponibile. Ben noti sono inoltre gli effetti di questi andamenti demografici sul livello e sulla struttura della spesa per il welfare”. Rispetto al calo demografico “emerge quindi l’esigenza di rimuovere gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione dei progetti di vita dei giovani”.

A giudizio di Fico, poi, “una specifica considerazione la merita il sistematico deflusso di giovani dai 20 ai 34 anni con livello di istruzione medio-alto dalle regioni del Mezzogiorno verso il Centro-nord e dall’Italia verso l’estero. Si tratta della ben nota ‘fuga di cervelli’ che impoverisce drammaticamente il capitale umano del nostro Paese. E ne mette a rischio il futuro. Dobbiamo creare le condizioni, nel mercato del lavoro come nella ricerca e nelle università, per incentivare i nostri talenti a rimanere o a rientrare dopo esperienze qualificanti all’estero”.

A ciò, ha proseguito Fico, “si aggiunge l’aggravarsi delle disuguaglianze, tra uomini e donne, tra territori, tra persone con diverso livello di istruzione, tra le generazioni. Nel nostro Paese in sostanza la bassa crescita si è accompagnata a una maggiore diseguaglianza, solo parzialmente limitata dall’intervento pubblico. Si tratta di una spirale negativa che occorre interrompere attraverso opportune misure di sostegno alle categorie più fragili o comunque svantaggiate della popolazione”.