Roma, 15 lug – Il debito pubblico italiano, “sempre crescente dalla fine degli anni Sessanta, è la principale palla al piede dello sviluppo e dell’occupazione”. Lo ha detto il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, all’assemblea annuale riunita a Milano per celebrare il centenario dell’associazione, nata nel capoluogo lombardo nel 1919.

“Quando il debito pubblico era infimo – ha sottolineato Patuelli – l’Italia raggiunse il ‘miracolo economico’. Nell’ultimo ventennio il debito pubblico è raddoppiato e il suo continuo incremento è la principale causa dello spread che quando è alto, innesta una catena di conseguenze: si alzano i tassi sui titoli di Stato italiani e ciò può creare una pericolosa e onerosa catena di aumenti del costo del denaro per banche, imprese e famiglie”.

“Lo spread impoverisce gli italiani – ha spiegato il numero uno di Palazzo Altieri – e non è possibile sempre riuscire a limitare i costosi effetti dello spread. L’Italia deve operare più efficacemente anche contro l’evasione fiscale e perchè lo spread torni vicino allo zero come nel primo decennio dell’euro”.

“Le banche in Italia – secondo Patuelli – hanno stupito il mondo per i positivi cambiamenti realizzati, riducendo le sofferenze prima delle previsioni, con flessibilità ed efficienza. Ma il capitalismo è ancora debole e le banche sono impegnate più che altrove per il sostegno delle imprese. Il credito è caratterizzato ora da carenze di domanda, fortissima concorrenza nell’offerta, stringenti regole, rigide norme sui crediti deteriorati”.

Negli ultimi anni “le banche in Italia hanno fatto una specie di multiplo salto mortale contemporaneamente affrontando le conseguenze della crisi con i crediti deteriorati, i forti cambiamenti normativi con circa il raddoppio delle soglie minime di capitale, le continue trasformazioni tecnologiche, la ricerca di nuove attività e mercati, la lotta continua per ridurre i costi di struttura con infimi margini di interesse”.

“Chi ha superato queste terribili prove, che proseguono – ha aggiunto Patuelli – è più preparato per l’avvenire di forte competitività”.