Roma, 24 ott – C’è da chiedersi come mai, pur sapendo di rischiare la propria vita, una persona ad alto rischio cardiovascolare, decida di non preoccuparsi o magari di rimuovere il problema. Sono poco incoraggianti i risultati di un’indagine sugli italiani ad alto rischio cardiovascolare che conferma come 3 su 10 non assumono i farmaci prescritti, la metà li assume in modo saltuario e più della metà non ha cambiato stile di vita. Questi e altri risultati sono stati commentati da esperti nel corso dell’incontro svoltosi a Roma c/o la Sala Stampa della Camera dei Deputati per approfondire i meccanismi che portano all’informazione e alla consapevolezza dei pazienti i quali sembrano “incagliarsi” nel mettere in pratica quanto viene indicato e prescritto dal medico.

Una realtà, quella italiana, che si inserisce in un contesto europeo che ha voluto lanciare una call to action attraverso una lettera aperta al neo-nominato Commissario Europeo per la salute Stella Kyriakides3, firmata congiuntamente dallo European Heart Network (EHN) e dalla European Society of Cardiology (ESC). La richiesta è quella di sviluppare con urgenza un piano d’azione dedicato per combattere la principale causa di morte in Europa, poiché ancora oggi le malattie cardiovascolari non ricevono la stessa attenzione che l’EU riserva ad altre patologie, né fondi adeguati per la ricerca. La preoccupazione è che questa mancanza di attenzione sia dovuta ad una errata percezione dell’impatto che le malattie cardio-cerebrovascolari hanno in termini umani, economici e sociali.

“In Europa si contano ben 49 milioni di persone che vivono con una patologia cardio-cerebro-vascolare, e più di 1,8 milioni di persone muoiono ogni anno per queste malattie. In Italia inoltre i dati ISTAT ci dicono che, già sopra i 45 anni, le malattie del sistema cardiovascolare sono la prima causa di ospedalizzazione. Tutto questo oltre al valore umano ha anche un notevole costo per il sistema salute con una stima di 210 miliardi di euro a livello europeo – spiega Emanuela Folco, presidente FIPC – La Fondazione Italiana per il Cuore, in questo contesto, si conferma allineata con la proposta europea nello sviluppare iniziative che aiutino ad aumentare il livello di consapevolezza sul rischio delle malattie cardiovascolari”.

Interventi precisi in termini di prevenzione, possono mettere al riparo dai temuti eventi cardiovascolari che hanno dimostrato avere molte ripercussioni anche sulla qualità di vita. “Ben il 70% di chi ha avuto un evento dichiara che questo ha influito in modo significativo sulla sua qualità di vita e sul benessere psicologico. E questo è un effetto che perdura nel tempo. Dopo 7 anni infatti ancora 1 paziente su 2 ne dichiara il pesante impatto.- spiega Giuseppe Ciancamerla, Presidente di Conacuore – Le ripercussioni sulla qualità della vita dei pazienti hanno risvolti importanti sotto diversi punti di vista, basti pensare che un quarto di chi ha avuto un evento cardiovascolare ha dovuto ridurre o abbandonare il lavoro”.