Roma, 3 dic. – Il piacere senza tempo di sfogliare un libro, il graffio della puntina sull’LP, il click pieno della macchina fotografica. Non per moda, ma per il segreto piacere e le emozioni che danno la materia e le relazioni. Un libro di Angelo Miotto e Massimo Acanfora, pubblicato da Altreconomia, racconta la “rivincita delle cose”.

Ma senza voler contrapporre “l’impero” digitale alla “ribellione” analogica e neppure scomodare nei lettori la nostalgia per i tempi andati. Piuttosto è un invito a riflettere – attraverso storie di cose e persone – sull’intelligenza degli oggetti, sul loro valore relazionale e sul significato di attività umane che non possono essere cancellate con un semplice delete.

Un libro che canta gli epici duelli tra pesanti volumi e agili reader, tra calligrafia e tastiera, tra Google maps e Tuttocittà, tra Polaroid e iPhone 11, tra autoscatto e selfie, tra il libretto di istruzioni e i tutorial, tra stampante 3D, tra giochi analogici e videogames. Senza fare troppo il tifo, certo. Ma alzi la mano chi non prova un po’ di disagio quando vede ragazzi (e adulti) guardare un’opera d’arte o un concerto attraverso uno minuscolo schermo o non sobbalza di fronte a qualche manifestazione di “analfabetismo funzionale”.

Il principio del piacere è il driver del libro. Leggere sulla carta non è un vezzo ma un sentimento completamente diverso. Scrivere a mano comporta movimenti finissimi che coinvolgono decine di muscoli e un legame tra cervello e mano che – lo dicono gli scienziati – non è lo stesso di chi batte sui tasti. Ma anche ascoltare la musica restituita dai solchi di un vinile è ben diverso da un Mp3. Scattare e stampare una foto su pellicola regala una “grana” di soddisfazione del tutto diversa. Così come tanti altri “piaceri analogici”, che oggi non sono soltanto “tornati di moda” ma rivestono ancora un profondo senso culturale, sociale e umano.

Nessuna pretesa di fermare l’innovazione, comunque, solo un’avvertenza. “Questo libro – scrive Massimo Acanfora – non vede la luce per scomunicare la tecnologia, ne´per contrapporre digitale e analogico, intelligenza umana e intelligenza artificiale, innovazione estrema e retromania, virtuale e reale, ma per riflettere sulla nostra umanita’ che viene quotidianamente erosa – a dispetto della realtà ‘aumentata’ – dal frapporsi di uno strumento tecnologico tra noi e un tramonto, un Cezanne, il nostro stesso volto”.