Un filo di sole spunta dietro il grande Hub di Poste. È l’alba di un nuovo giorno a Bologna. Forse è persino l’alba di una nuova era, nella quale le persone continueranno ad acquistare online perché – hanno scoperto nei mesi scorsi – è necessario quando non puoi uscire di casa e poi rende più facile scegliere e comprare, regala tempo da dedicare ad altro, migliora la qualità della vita. E ci sono interi pezzi di vita, ci sono sogni, desideri, speranze, dentro gli scatoloni che per tutta la notte hanno corso sui nastri trasportatori dell’enorme hangar, 75mila metri quadri, e che ora riposano nella pancia dei camion, già diretti lontano, in ogni parte d’Italia.

Il lavoro di squadra
Lucian
sbuca dal magazzino e osserva quella luce, il giorno che nasce. Guarda all’orizzonte guardando anche il futuro dell’azienda, guardando il suo. Non potrebbe essere altrimenti per uno che ha moglie e due figli in una casa a pochi chilometri dall’Hub e che in Poste è entrato dieci anni fa, da facchino semplice, e ora è responsabile operativo. “È bello lavorare per un’azienda che cresce e che continua a investire. Ti fa stare tranquillo, ti dà fiducia”. Il periodo appena trascorso, nell’impianto di smistamento, appare già così lontano. “È volato via, non abbiamo avuto il tempo di fermarci a pensare a cosa facevamo. Andava fatto e basta. Ma dentro le “nostre” scatole ci stavano anche mascherine e prodotti igienici e sanitari: quando dalla TV arrivava una notizia buona mi sentivo parte di quel successo pure io”. “È stata un’esperienza intensa” gli fa eco Leonardo, che in Poste lavora da sedici anni, undici come responsabile operativo. “Abbiamo trasformato la paura in energia positiva, per senso di responsabilità verso l’azienda, verso il Paese”.

Il cuore del recapito
“È stato come il Natale, anzi, di più..” spiega Giulio, anche se là fuori non c’era nulla da festeggiare. La mole di ordini ha superato quella di dicembre e lui, che a 26 anni gestisce un’area del magazzino, si è ritrovato a correre, insieme ai colleghi, fra carrelli e bancali, nel flusso degli autocarri che aspettavano a centinaia parcheggiati là fuori. “Pareva di trovarsi su un treno in corsa: tutti hanno reagito in qualche modo, spesso inatteso. La gente qui non si è mai fermata, non si è arresa”. Una prova di unità che sopravvive, eredità preziosa, ora che la situazione è più tranquilla. In fondo se l’Italia fosse un corpo umano, Bologna ne sarebbe il cuore. Non è un caso che l’Hub sia nato lì, dove le strade – come arterie, come vene – veicolano in tutta la penisola pacchi e pacchetti partiti magari da lontanissimo, anche dall’altra parte del mondo. La tecnologia del più grande e moderno centro di smistamento della nostra nazione è eccezionale come lo sforzo congiunto delle persone che ci lavorano – la maggior parte giovani – che in poche settimane si sono ritrovate a gestire fra 60mila e 90mila pacchi in più al giorno.