Un vero e proprio sciopero dei dati per la privacy. Contro le pratiche messe in campo dalle grandi compagnie tecnologiche, dai social media ai motori di ricerca, per ottenere informazioni personali spesso senza possibilità di sottrarsi da parte dell’utente è possibile “avvelenare” i dati. Lo afferma uno studio della Northwestern University che verrà presentato al meeting della Association for Computing Machinery’s Fairness, Accountability and Transparence, secondo cui tra le tattiche ci sono fare uno “sciopero dei dati”, confondere gli algoritmi inviando dati contraddittori o superflui, “vendicarsi” delle compagnie fornendoli ai concorrenti. “Molte tecnologie hanno bisogno dei dati, forniti implicitamente o esplicitamente da parte del pubblico – scrivono gli autori – Questa dipendenza suggerisce una potenziale fonte di pressione per i cittadini nella loro relazione con le compagnie tecnologiche: riducendo, interrompendo, deviando o in generale manipolando i contributi il pubblico può ridurre l’efficacia di molte lucrose tecnologie”.

Confondere gli algoritmi
La prima tattica suggerita è un vero e proprio “sciopero dei dati”, cancellandoli dalle piattaforme o installando degli strumenti per la privacy. La strategia opposta, ma sempre valida, sarebbe quella di inondare le aziende con dati inutili o contraddittori, ad esempio installando delle estensioni per i browser che cliccano automaticamente su tutti i banner pubblicitari, in modo da confondere gli algoritmi. Una terza via suggerita per “disturbare” le compagnie è la “contribuzione coscienziosa dei dati”. “Invece di cancellare o ‘avvelenare’ i dati le persone possono darli a un’organizzazione che supportano, in modo da aumentare la competizione sul mercato”.