Lettere nella storia: le donne nella rivoluzione francese

La Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 26 agosto 1789, in piena rivoluzione francese, condurrà ad un rinnovamento delle società, rivestirà un ruolo fondamentale per il futuro dell’Europa, della democrazia e sarà alla base della Dichiarazione universale dei diritti umani nell’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Parve una grande conquista e lo fu. Una donna la dichiarò tuttavia incompiuta e stilò la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina. Si chiamava Olympe de Gouges, attivista moderata, ma convinta, della Rivoluzione francese. Ghigliottinata a 45 anni il 3 novembre 1793.

Pari opportunità

Nel 1791 Olympe denunciando la mancanza di libertà delle donne chiese alla Rivoluzione pari garanzie ed opportunità per le donne. “La donna – scrisse nel primo articolo della Dichiarazione – nasce libera e ha uguali diritti all’uomo. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che sull’interesse comune”. Autrice di 150 opere letterarie di varia natura la de Gouges, nei momenti topici della sua battaglia, scrisse anche lettere appassionate a sostegno della giustezza di equiparare nella dignità uomini e donne. “Le madri, le figlie, le sorelle, rappresentanti della nazione, – si legge nel preambolo – domandano di costituirsi in assemblea nazionale. Considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo dei diritti della donna sono le sole cause delle sventure pubbliche della corruzione dei governi, esse si sono risolte a esporre in una solenne dichiarazione i diritti naturali, inalienabili e sacri della donna, affinché questa dichiarazione… ricordi incessantemente i loro diritti e i loro doveri, affinché gli atti del potere delle donne e quelli del potere degli uomini, potendo in ogni istante essere confrontati con il fine di ogni istituzione politica, ne siano più rispettati, affinché i reclami delle cittadine fondati ormai su principi semplici e incontestabili, siano sempre rivolti al mantenimento della costituzione, dei buoni costumi e alla felicità di tutti. Di conseguenza, il sesso superiore in bellezza e in coraggio, nelle sofferenze materne riconosce e dichiara in presenza e con gli auspici dell’Essere supremo, i Diritti seguenti della Donna e della Cittadina”.

I diritti durante la rivoluzione francese

Seguono i 17 articoli pari di numero alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino. Completamente riscritto l’articolo 4: “La libertà e la giustizia consistono nel restituire tutto ciò che appartiene ad altri; così l’unico limite all’esercizio dei diritti naturali della donna, la perpetua tirannia dell’uomo cioè, va riformato dalle leggi della natura e della ragione”. Coraggioso l’articolo 10: “Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni anche di principio, se la donna ha il diritto di salire sul patibolo, essa deve avere pure quello di salire sul podio sempre che le sue manifestazioni non turbino l’ordine pubblico stabilito dalla Legge”. Olympe dedica la Dichiarazione alla regina Maria Antonietta. Con il testo le invia una lettera per chiederne il sostegno. “Sostenete, Signora, una causa così bella, difendete questo sesso infelice, e avrete presto dalla vostra parte una metà del regno… Il mio scopo, signora, è quello di parlarvi con franchezza; e non ho atteso, per esprimermi in tal modo che giungesse l’epoca della libertà: mi sono esposta con la stessa energia al tempo in cui la cecità dei despoti osava punire così nobile audacia”. La de Gouges partecipa a tutti gli episodi della Rivoluzione che auspica senza violenza. Attacca perciò i Giacobini. Si schiera contro Robespierre e Marat. Indirizza loro una lettera piena di energia e di coraggio, indignandosi per una misura presa contro i princìpi democratici e denunciando dunque il tradimento degli ideali rivoluzionari a favore della violenza. La lettera è censurata già nel corso della sua lettura in una pubblica assemblea. Non ritratta e afferma: “Io sono donna, ho paura di morire, temo il vostro supplizio, ma non ho confessioni da fare, e attingerò il coraggio da mio figlio. Morire per compiere il proprio dovere significa prolungare la propria maternità oltre la morte!”. Il giorno dopo l’udienza scrive al figlio, invano: “Io muoio mio caro figlio, vittima della mia idolatria per la Patria e per il popolo. I suoi nemici, sotto la seducente maschera del repubblicanesimo, mi hanno condotta senza rimorsi al patibolo. Addio, quando riceverai la lettera sarò già morta. Muoio innocente”. Gli storici affermano che la lettera venne sequestrata. Il figlio, la disconoscerà impaurito dalle ritorsioni. Dopo la sua morte, il giornale Moniteur scriveva di Olympe come di una donna “nata con una immaginazione esaltata che scambiò il suo delirio per un’ispirazione della natura. Volle essere un uomo di Stato, e sembra che la legge abbia punito questa cospiratrice per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso”. Un giorno in piena battaglia Olympic aveva scritto: “Uomo, sei tu capace di essere giusto? Chi ti pone questa domanda è una donna: questo diritto, almeno, non glielo toglierai. Dimmi. Chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso? La tua forza? Le tue capacità? Osserva il creatore nella sua saggezza; percorri la natura in tutta la sua grandezza, alla quale sembri volerti avvicinare, e dammi, se ne hai il coraggio, un esempio di questo potere tirannico… Cerca, scava e distingui, se puoi, i due sessi nell’amministrazione della natura. Ovunque, li troverai confusi, ovunque essi cooperano in armonioso insieme a questo capolavoro immortale!”.