I clienti all'Ufficio Postale di Venezia:

Mi capita spesso, mentre aspetto il mio turno all’Ufficio Postale in centro a Venezia, dietro Rialto, di attaccare bottone con qualcuno. I clienti di Poste sono tutti diversi fra loro, però in un certo modo sono tutti uguali. Ci somigliamo, ci riconosciamo. Così, quella manciata di minuti prima di accostarmi allo sportello, la passo in genere chiacchierando con degli sconosciuti che poi, quando esco, un poco mi mancano sempre. Mentre ascolto la signora Mirna, che mi confessa di avere 85 anni, lo capisco subito che mi mancherà.

Una piacevole scoperta

“Vivo sola, con l’aiuto di una badante” racconta. “Perciò questo ufficio lo sento come la mia famiglia: li conosco tutti e, con la scusa dei prodotti postali, li vengo a trovare. Mi trattano con gentilezza, con cortesia”. È stata insegnante di scuola materna. Mi parla come fossi un bambino. “Tempo fa ho provato ad aprire anche un conto in banca, sai? Ma non era la stessa cosa, c’era un’altra atmosfera, ho lasciato perdere”. Una ragazza la ascolta e sorride. Ha occhi marroni sotto occhiali grandi e non resiste alla tentazione di aggiungersi alla chiacchierata. “È vero” interviene. “La competenza e la disponibilità che ho trovato in questo ufficio sono rare”. Fra le dita ha un foglio da cui spunta il suo nome: Melissa. Scopro che lavora da McDonald’s ed è cliente di Poste da una decina d’anni: conto corrente e PostePay attivati quando era poco più che maggiorenne. “Ci vieni spesso?” le domando. “Meno di un tempo ma solo perché adesso uso tanto la App!” mi spiega alzando allegra il telefono in aria. “È stata una vera scoperta, ho sempre la mia situazione sotto controllo” aggiunge. “Ma anche prima, quando non potevo venire di persona, chiamavo e mi davano tutte le risposte”.

“Dieci e lode”

Un metro più in là c’è un’altra signora che, si capisce, vuole entrare nel nostro gruppetto. Tutti distanziati, con la mascherina, eppure vicinissimi. “Io ho anche la PosteMobile” dice orgogliosa Sara. “E si trova bene?” chiedo. “Dieci e lode” replica. “Alla Sim?”. “A Poste. Dieci e lode”. Mi viene da pensare che sia stata una maestra pure lei, però elementare, invece spiega che ha lavorato anni come guardarobiera in un importante albergo di Venezia. Ora è in pensione, ha 81 anni, e in tre battute è già di diritto dentro il nostro piccolo, improvvisato club di fan dell’azienda. “Fa parte della mia vita” ammette come se parlasse di un amante. “Sono venuta qui anche con l’acqua alta. Per vedere se andava tutto bene…”. In quel momento sul display a parete compare il mio numerino. Avrei la tentazione di fare finta di nulla, perdere il turno, restare lì con loro. “Arrivederci” dico invece, fiacco, sentendo quasi di tradirle.

Come nasce un ristorante

Allo sportello sbrigo la mia pratica. A un certo punto mi sento toccare la spalla: è la signora Mirna, che è appena arrivata nello sportello accanto. “Ogni pomeriggio sono al bar Senza Nome, dopo il Ponte delle Guglie” dice. “Se vieni ci beviamo un cappuccino” conclude serissima. Così esco felice, sentendomi meno solo delle altre volte. E in effetti non sono solo: un tizio mi insegue all’esterno dell’Ufficio Postale. Il panama in testa, la camicia fuori dai calzoni. Ha ascoltato la conversazione con le signore, si avvicina cauto, come se avesse un segreto da rivelarmi. “Se vuoi sentirne una forte vieni a pranzo Al Gazzettino” sussurra. Due ore dopo sono lì, seduto in un angolo del ristorante, che si trova nei pressi delle Poste. Ridha Ben Nefla, il titolare, mi offre un grappino. Ha ancora il cappello in testa. Ha ancora Poste in testa. “Senza di loro non ce l’avrei fatta” dice, guardando la sua trattoria, uno dei locali più noti della città, dove turisti e veneziani mangiano pesce. “Mi hanno aiutato quando ho avviato l’attività. E mi hanno aiutato pure quando abbiamo chiuso a lungo, per i danni dell’alta marea”. Poi stacca dalla parete un quadretto. Lo appoggia sul tavolino di legno. La data dice “19 ottobre 2010”. Quel giorno nel ristorante si festeggiava l’inaugurazione della nuova sede dell’Ufficio Postale. Duecento invitati, tra cui i dirigenti di Poste e il sindaco di Venezia: incorniciata e appesa al muro c’è la lettera che il direttore della filiale scrisse di suo pugno. “Per ringraziarmi” mormora Ridha. “Capito? Per ringraziare me…”. Faccio un sorso di grappa. Penso che è uno di noi, uno di quei clienti di Poste che Poste si merita di avere. Penso che potrei portarlo con me, nel pomeriggio, a bere un cappuccino al bar Senza Nome. Poi penso che tra qualche giorno arriverà un’altra bolletta da pagare. E mi scappa un sorrisetto di felicità.