Ecco la mappa del risparmio con buoni e libretti postali. Tutti i numeri dei capoluoghi

Appena nati, alla fine del primo anno, nel 1876, sui libretti postali erano depositate 100 mila lire. Oggi che il mondo è cambiato, e la lira non esiste più, sommando ai libretti anche i buoni fruttiferi postali, si arriva alla considerevole cifra di 330,4 miliardi di euro. I numeri dicono che questa realtà continua a crescere e che l’incubo del virus non l’ha fermata. Tutto cominciò con Quintino Sella, l’allora Ministro delle Finanze del Regno, e anche qualcos’altro, fondatore del Club Alpino Italiano e insegnante di geometria, oltre che scienziato minerario, a cui è stata dedicata la sellaite, minerale raro chiamato così in suo onore. Ci mise dieci anni prima che le Poste cominciassero la raccolta del risparmio e cinque prima che il suo progetto diventasse legge, dal giorno in cui venne presentato in Parlamento. C’era chi temeva che lo Stato ficcasse troppo il naso nell’economia del Paese e poi c’erano le Banche che non volevano avere tra i piedi un concorrente pericoloso. Così il suo progetto cominciò a vagare da una Commissione all’altra, dalla Camera dei deputati, che lo approvava, al Senato che lo rimandava indietro. La legge venne votata finalmente nel 1875. Dal primo gennaio 1876 gli italiani poterono rivolgersi alle Regie Poste per far fruttare i loro risparmi. Dietro a questo, però, non c’era solo la volontà dell’accumulo fine a se stesso. La legge voleva educare gli italiani, perché il risparmio era direttamente collegato alla società che stava nascendo. Le somme raccolte servirono per finanziare le opere pubbliche e tutte quelle infrastrutture che contribuiscono a unire il Paese appena nato dal Risorgimento, strade, ferrovie, scuole, ospedali. È questo collante che salda il legame fra la gente e l’Italia, attraverso un’azienda che ne ha accompagnato la storia.

Realtà sempre in crescita

Oggi questa realtà è ancora cresciuta. Ai libretti si sono aggiunti i buoni fruttiferi postali, prima emissione 1 marzo 1925. Il successo è immediato: dopo un mese l’ammontare complessivo è di 30 milioni di lire, e a dicembre di 470. La cifra si triplica in poco più di tre anni: 1.500 milioni di lire al 30 giugno 1928. Adesso questi numeri paiono piccola cosa: al giugno 2022 i libretti postali in essere sono 30 milioni, 728.854 e i buoni fruttiferi 46 milioni, 896.416, con uno stock complessivo, come abbiamo visto, di oltre 330 miliardi di euro. La prima regione italiana nel rapporto tra abitanti e risparmio postale è il Molise. Ci sono più di 325 mila libretti e oltre 778 mila buoni fruttiferi postali in essere. In media per ogni abitante più di un libretto e due buoni. A livello provinciale il rapporto è ancora più significativo: nella provincia di Isernia, che conta poco più di 81mila abitanti, sono in essere 98mila libretti (121 per cento) e 279mila buoni fruttiferi. A Campobasso, su 212mila residenti i libretti sono 226 mila (106 per cento) e 478mila i buoni fruttiferi postali. Nei numeri generali però la prima regione d’Italia sembra essere di gran lunga la Campania, con dodici milioni tra libretti di risparmio attivi e buoni fruttiferi postali. Nel rapporto con gli abitanti, la prima provincia non è Napoli, ma Avellino (3,26 buoni e 1,31 libretti pro capite) seguita da Benevento con 2,48 buoni fruttiferi postali e 1,17 libretti per ciascun abitante. Fa effetto il confronto con la Lombardia, la regione più popolosa d’Italia (e quella più industriale), con quasi il doppio di residenti rispetto alla Campania (10 milioni contro 5 milioni e 800mila) e il triplo di comuni (più di 1.500 contro 550), che raccoglie un numero nettamente inferiore di libretti postali, appena due milioni e 893 mila, e buoni fruttiferi (5,7 milioni). A Milano si contano circa 870 mila libretti e un milione e 400mila buoni fruttiferi postali.

La cultura del risparmio

L’Italia più profonda e più vera però sembra essere quella di Antonio da Melizzano, Benevento, nato nel 1929 da una povera famiglia di contadini, che ha perso il padre in giovane età e a 14 anni doveva già mantenere la mamma e i tre fratelli: ha dovuto sempre e solo pensare a lavorare, s’è sposato nel 1958, e negli anni ‘70, racconta, «con il boom economico e con il sudore della mia fronte ho acquistato il primo buono fruttifero postale. Erano i primi soldi che ero riuscito a mettere da parte». Il figlio Luigi dice che «papà ha voluto per me ciò a cui lui ha dovuto rinunciare. Mi ha dato l’opportunità di studiare e mi ha trasmesso la sua profonda cultura del risparmio. Tutto ciò che riusciva a mettere da parte diventava un buono fruttifero postale. E da allora non ha mai smesso di acquistarne. Arrivati a scadenza, investiva i dividendi nella sua attività e con quello che rimaneva ne sottoscriveva altri».

Il petrolio dell’Italia

La verità è che il risparmio è il petrolio dell’Italia. Siamo un popolo di santi, navigatori e risparmiatori. È trasversale a tutte le classi sociali. Il risparmio non si è fermato nemmeno durante la pandemia. E anzi in questo caso è stato proprio il quadrante industriale del Nord Ovest a sfruttarlo di più. Scrive La Stampa che il Piemonte è risultato tra le prime regioni d’Italia. Il risparmio postale era salito in dodici mesi, dal 2019 al 2020, in misura abbastanza considerevole, arrivando a toccare cifre mai raggiunte in precedenza. E anche in Liguria, sempre secondo l’articolo della Stampa, alla fine del 2020, i depositi sono risultati essere cresciuti in maniera inaspettata. I libretti e i buoni fruttiferi postali fanno parte della nostra cultura, delle nostre abitudini di vita. All’inizio quelli che si rivolgevano alle Poste erano operai, impiegati, contadini. Era il popolo. Adesso questo investimento riguarda tutti. Siamo cambiati tanto da allora, e siamo diventati migliori. Quando Quintino Sella riuscì nel suo intento, nel lontano 1876, quei libretti erano nati per educarci e farci cambiare. Per questo il governo aveva stretto un accordo con le maestre, che arrivavano in classe con i moduli, i registri e le istruzioni per aprire i libretti postali. I bambini depositavano i centesimi poco alla volta fino a raggiungere una lira. Allora la maestra gli consegnava il libretto e gli spiegava che i soldi non vanno buttati via, ma devi farci qualcosa per diventare migliore. Quella lezione ha passato il tempo, ha passato le guerre, la fame, le crisi, ha attraversato il boom e la rinascita. Ed è arrivata fino a qui, fino a noi. Il nostro petrolio viene da quelle maestre.