Secondo Sofia Gnoli, docente di storia della moda, le uniformi sono sempre state una ricchissima fonte di ispirazione creando anche classici come la borsa “Postina” nata a inizio ‘900: “Oggi si assiste alla rivoluzione dei materiali che valorizzano
l’hi-tech, i colori catarifrangenti e la grande ricerca sui tessuti. E le scarpe sono studiate per attirare l’attenzione”.
Il viaggio tra le divise storiche dei portalettere d’Italia è prima di tutto una sintesi dell’evoluzione del nostro costume e della nostra moda. Dall’Unità d’Italia a oggi, le Poste hanno sempre racchiuso nelle divise dei propri lavoratori un’immagine forte, mai distante dal periodo in cui venivano utilizzate. Un’immagine, dunque, di tradizione e modernità, concetti dei quali l’uniforme dei portalettere – donne e uomini – è forse il risultato più evidente. La dottoressa Sofia Gnoli, docente di storia della moda, giornalista (La Repubblica, Venerdì) e scrittrice (tra le sue opere “L’alfabeto della moda”, edito da Carocci), ci ha accompagnato in questo viaggio suggestivo, osservando e analizzando per noi alcune divise storiche fino al restyling di un anno fa. Le sue parole confermano il fortissimo legame tra le divise e la moda e, in questo caso, l’evoluzione del Paese, che Poste ha accompagnato fin dall’inizio.
Dottoressa Gnoli, che rapporto esiste tra la moda e le uniformi?
“Le divise sono sempre state una fonte di ispirazione importantissima per la moda. Lo sono state anche per chi ha scritto la storia della moda del Novecento: pensiamo a quei fashion designer che hanno creato quasi un uniforme, come Coco Chanel con il suo tubino nero o con i tailleur in tweed matelassé, o come le giacche greige di Giorgio Armani. Ovviamente sto parlando di uniformi in senso lato, ma i punti di contatto possono essere ancora più vicini: immaginiamo il trench, un vecchio soprabito da trincea che dai campi di battaglia è entrato nell’abbigliamento quotidiano. O la sahariana e, ancora, il caban, che da giacca doppio petto dei marinai, fu trasformato nel 1962 da Yves Saint Laurent in uno dei suoi capi cardine. Diana Vreeland, storica direttrice di Vogue negli anni Sessanta e grande sacerdotessa della moda internazionale, diceva che ‘le uniformi sono lo sportswear del ventesimo secolo’, sono dunque una base per la moda”.
Le divise dei portalettere italiani rientrano in questo discorso?
“Le divise dei portalettere non fanno eccezione in questo legame strettissimo tra moda e uniformi. La storia delle divise dei postini riflette molto da vicino la moda di ogni singolo momento storico: hanno accompagnato l’evoluzione sociale, lo stile maschile ma soprattutto l’emancipazione femminile, avvenuta dopo la Prima Guerra, quando la donna si è trovata a dover sostituire l’uomo in molte attività lavorative. Lavorando, ha dovuto togliere il busto e gli strascichi, si è affermato il cosiddetto stile alla garçon, che attingeva alla praticità dei capi maschili”.
Partiamo dall’analisi di qualche uniforme d’epoca. La divisa delle portalettere nel 1916.
“Qui siamo in piena Guerra, la divisa della postina arriva fino alle caviglie, perde gli strascichi classici di inizio Novecento. È una divisa molto essenziale, con un cappello semplice e un piumino tricolore. E una borsa che poi è diventata un classico: la Postina è un genere di borsa che riprende il nome proprio da quelle usate dai portalettere. È ampia, pratica e capiente, permette di avere le mani libere perché si porta a tracolla, molto diversa quindi dalle shopping bag. Al tempo c’erano postine rurali e cittadine. La postina di città era elegante e moderna, mentre quella contadina aveva un’uniforme in linea diretta con l’abbigliamento dei primissimi del Novecento, che non va verso l’emancipazione ed è molto più ingoffante. Il vestiario aveva però un valore pratico per gli spostamenti”.
Poi venne il Ventennio.
“Nell’epoca del Fascismo è normale che le divise dei portalettere avessero un richiamo diretto alle uniformi militari. Ma se vediamo anche quella femminile, bellissima, del 1942 notiamo dei particolari interessanti. Innanzitutto, è modernissima. Le gonne sono corte, come negli anni Venti, anche se negli anni Trenta si erano poi riallungate perché il regime voleva un ideale estetico di sposa e madre esemplare, più che di una donna proiettata all’esterno. Qui, in piena Seconda Guerra Mondiale e in una situazione economica già grave, gli orli si sono accorciati a causa della mancanza di materie prime per gli abiti. Tutto diventa più essenziale, conferendo a questa foto d’epoca un’immagine estremamente moderna. E la borsa è ancora più grande, a testimonianza del cambiamento sociale della donna e del carico di lavoro”.
Finisce la Guerra, nell’Italia che rialza la testa Poste continua a essere un importante collante sociale.
“E nel Dopoguerra, ancora una volta, la divisa dei portalettere resta saldamente ancorata alla moda del momento. Le mantelle per gli uomini, la tracolla che si alza. Negli anni Sessanta le linee diventano ancora più smilze, la divisa segue le tendenze e il gusto di quegli anni, sia nella versione femminile che in quella maschile. Va sottolineato che non si perdono mai né la praticità né la facilità del movimento, essenziali per gli impegni quotidiani”.
Cosa salta subito all’occhio nella nuova divisa, quella del 2019?
“Il tema di oggi è la rivoluzione dei materiali e mi sembra che questa nuova divisa dei portalettere sia in questo senso emblematica. Presenta infatti il risultato di un cambiamento importante, dagli anni Ottanta ad oggi. Possiamo parlare di uno stile hi-tech, uno stile di ricerca. Sicuramente è diventata più leggera di peso, proprio per venire incontro alle esigenze dei portalettere. Al giorno d’oggi, nella moda, le grandi novità passano attraverso la tecnologia. La linea della nuova divisa è abbastanza slim e riflette le proporzioni della moda attuale, che tendono a valorizzare il genere. C’è un discorso di visibilità, con questi colori catarifrangenti che si coniugano con una grande ricerca sui tessuti. E anche le scarpe sono studiate per destare attenzione”.
Guarda la gallery dedicata alle divise dei lavoratori postali, fondo dell’Archivio Storico di Poste Italiane.
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