Le lettere di Aldo Moro

Nessun epistolario è stato tanto violato, setacciato, scarnificato dal potere e da grafologi pubblici e privati quanto lo sono state le Lettere dalla prigionia di Aldo Moro. E l’esame non è ancora finito. Se la causa di beatificazione dovesse superare la fase diocesana e approdare in Vaticano, le Lettere passerebbero un altro vaglio non meno puntiglioso del controllo patito dai carcerieri e dai servizi segreti. Durante la tragica vicenda del rapimento di Moro (16 marzo-9 maggio 1978), nel fuoco delle passioni contrapposte, rimase sullo sfondo l’aspetto umano e cristiano delle sue lettere, una sorta di Moro segreto, dal volto umano velato dall’immagine del politico stellare per visione, competenza e abilità.

L’epistolario
Qualcuno tra gli studiosi lo considera tra “gli epistolari più importante del Novecento italiano” perché il suo autore, un uomo politico e anche umanista, “ha offerto un saggio e una testimonianza di tutte le possibilità comunicative che una scrittura disperata, sospesa tra la vita e la morte, è un grado di offrire”. Intorno alle 97 lettere (dai destinatari più svariati) si è consumata la battaglia più insidiosa tra Moro e i suoi carcerieri. Da morto, l’ucciso ha prevalso sui carcerieri che gli avevano strappato la libertà, ma non piegato l’anima di uomo giusto. La prigionia ha rivelato un Moro che l’Italia non conosceva. E forse questa coscienza di una diversità confusamente intravista dalla gente, lacerandola, rende attuale l’interesse a scoprirne di più di questo uomo che Paolo VI definì “buono, mite, saggio, innocente ed amico”. Si scopre con sorpresa che nelle ore piccole della notte precedente il suo sequestro, Moro leggesse un libro di Jurgen Moltmann, un teologo protestante tra i più importanti del Novecento, famoso per aver lanciato nel 1964 la “Teologia della speranza”. Ignaro che quella sarebbe stata la sua ultima notte da uomo libero, Moro leggeva Il Dio crocifisso, un’opera avvincente di Moltmann, scaturita dal dialogo dell’autore con i filosofi delle moderne tematizzazioni della sofferenza nel mondo. Vi si propone una rivoluzione nel concetto di Dio, ripensato entro i cerchi di morte dell’umana esistenza che richiedono un impegno coraggioso di liberazione dalla povertà, dal potere, dall’estraniazione razzista e culturale, dalla distruzione industriale della natura, dal non senso. “Chi è Dio sulla croce del Cristo abbandonato da Dio?” si chiede Moltmann. Moro ignorava quella notte che, dal primo mattino, quel Dio crocifisso sarebbe diventato il suo Dio. Similmente al Crocifisso, sarebbe toccato a lui restare solo, sperimentare l’abbandono da parte del potere di cui era stato leader e le sue lettere, grazie forse a quelle reminiscenze sul Dio crocifisso, lo avrebbero rivelato capace – lui professore pacato – di un grido di protesta contro il baratto cinico che il potere politico faceva della vita pur di conservare se stesso. “Per quanto mi riguarda, – scrive Moro alla moglie Eleonora, la “Noretta” destinataria più frequente delle sue lettere – non ho previsioni né progetti, ma fido in Dio che, in vicende sempre tanto difficili, non mi ha mai abbandonato…Riconoscenza e affetto sono per tutti coloro che mi hanno amato e mi amano, al di là di ogni mio merito, che al più consiste nella mia capacità di riamare”. E a pochi giorni dalla sua uccisione si rivolge ancora alla sua “dolcissima Noretta…C’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi…Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore…Vorrei capire con i miei piccoli occhi mortali come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto”. “Ci rivedremo. Ci ritroveremo. Ci riameremo”.