Impegnarsi per sconfiggere ogni pregiudizio. Maria Chiara Carrozza, Presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, ed ex ministro dell’Istruzione, prende nota dei passi avanti della nostra società nella parità di genere e auspica uno scatto in più, soprattutto nelle materie scientifiche.
Presidente Carrozza, il PNRR pone l’inclusione, il lavoro femminile e il superamento degli stereotipi di genere tra i suoi punti cardine. Il premier Draghi ha detto che si investirà oltre un miliardo di euro per potenziare l’insegnamento delle materie STEM. Secondo lei quale ruolo possono avere le donne nella ripresa del Paese? E quanto è importante stimolare lo studio di queste materie nelle generazioni più giovani, soprattutto tra le ragazze?
“Sicuramente occorre dare impulso all’empowerment femminile, convincere le ragazze di quello che possono ottenere impegnandosi nella loro carriera, che con la forza di volontà e l’impegno possono ottenere molto e avere una carriera soddisfacente. I risultati, in particolare scientifici, si ottengono lavorando tutti assieme, donne e uomini. Purtroppo, però, la percentuale delle iscritte alle facoltà scientifiche e tecnologiche universitarie è inferiore a quella dei maschi e questo ha ovviamente un riflesso importante sulle lauree e sulle professioni. Dobbiamo fare in modo che ogni percorso di studio sia accessibile alle ragazze così come ai ragazzi: non devono esserci scorciatoie, ovviamente, ma bisogna impegnarsi per sconfiggere qualsiasi pregiudizio. Abbiamo sempre più bisogno di un numero equilibrato tra i due sessi in coloro che si dedicano allo studio delle hard sciences e della tecnologia, urge una trasformazione culturale”.
A commento della recente “relazione sulla ricerca e l’innovazione in Italia” il ministro Maria Cristina Messa ha detto che è importante «mantenere alta la competitività e la caratteristica della ricerca innovativa» nel nostro Paese. Quali sono i principali strumenti che il CNR mette in campo?
“Il PNRR costituisce un’unica e probabilmente irripetibile occasione: per instaurare il circolo virtuoso tra ricerca e innovazione e sviluppo economico e sociale del Paese; per avviare numerosi progetti di sviluppo scientifico e tecnologico e nuove collaborazioni tra mondo accademico, amministrazione pubblica, enti locali e industria; per una collaborazione tra settore pubblico e privato diretta verso la soluzione delle grandi sfide della società. Tali condizioni devono essere mantenute assicurando adeguate risorse ordinarie anche quando le risorse straordinarie del PNRR avranno esaurito il proprio compito. In questo processo, il CNR si potrà misurare nelle azioni previste nel PNRR con un apporto duplice: da una parte, con il nostro respiro multidisciplinare, possiamo direttamente svolgere progetti di R&S; dall’altra possiamo contribuire al disegno e alla gestione di strumenti di finanziamento, mediando tra governo e comunità dei ricercatori, dalle organizzazioni scientifiche e dalle imprese. Il CNR deve sempre più combinare il fare ricerca e l’azione di agenzia, recuperando quel ruolo centrale che ha già svolto in passato, basti pensare ai Progetti Finalizzati, e che già svolge nel coordinamento di molte infrastrutture europee di ricerca”.
Quanto pensa che possa incidere la sinergia tra pubblica amministrazione e grandi aziende private per attuare la transizione ecologica e digitale, che anche una realtà come Poste Italiane porta avanti con un progetto di educazione digitale?
“Il PNRR colloca la politica della ricerca all’interno di una più vasta trasformazione del sistema economico italiano. La ricerca pubblica dovrebbe ricoprire un ruolo di moltiplicatore in grado di attivare investimenti in ricerca privata e innovazione, finalizzati alla creazione di ecosistemi dove le idee si possano trasformare in nuovi prodotti, processi e servizi, al fine di creare posti di lavoro ad elevato valore aggiunto, agganciando i settori produttivi più dinamici nei mercati internazionali. Gli attori pubblici della ricerca devono quindi assumere un ruolo centrale nel disegno definito nel PNRR in quanto, operando sulla frontiera della scienza, sono in grado di aprire nuove traiettorie tecnologiche. Dovranno dunque essere pronti ad affrontare la sfida attraverso l’ampio ventaglio di azioni, interventi e soluzioni previste all’interno del piano e fare in modo che gli investimenti previsti abbiano concrete ricadute sulla collettività e sul sistema socioeconomico nazionale. Per rispondere a questa chiamata c’è tantissimo ancora da fare, anche perché in Italia manca ancora un ambiente favorevole all’innovazione, occorre facilitare i brevetti, sostenere le certificazioni, i trial sperimentali, avere assicurazioni, strumenti legali per agevolare il passaggio dalla scienza alla tecnologia e a chi vuole fare impresa. Si tratta di creare le condizioni per consentire alla ricerca di fare un passo avanti verso i bisogni delle persone e del mercato. I ruoli che i soggetti scientifici e imprenditoriali rivestono sono diversi ma tra loro ci dev’essere riconoscimento reciproco, ponendo le basi per un rapporto di fiducia e collaborazione. Questo vuol dire dotarsi di regole e procedure veloci ed efficaci, che agevolino le soluzioni invece di creare ostacoli burocratici”.
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