Roma, 19 mar – A giugno 2018 la presenza femminile raggiunge il 36% del totale degli incarichi di amministrazione e il 38% degli incarichi di componente degli organi di controllo, in entrambi i casi registrando i massimi storici per effetto dell’applicazione della Legge Golfo-Mosca (legge 120/2011). La maggioranza degli emittenti ha già riservato al genere meno rappresentato la quota di un terzo dei componenti del board, sia nel caso delle società giunte al secondo e al terzo rinnovo del board successivo alla legge (rispettivamente 156 e 24 con una presenza femminile pari al 36%) sia nel caso degli emittenti al primo rinnovo, a cui è applicabile la quota di genere di un quinto (31 casi, 35% di donne in CdA); il dato si riscontra anche nelle società non soggette alla legge 120/2011 in quanto neoquotate e nelle imprese che hanno già completato i tre rinnovi previsti dalla legge (complessivamente 17 casi, 33% di donne in CdA). E’ quanto emerge dal rapporto della Consob sulla corporate governance delle società quotate italiane.

Mentre aumenta rispetto al passato la quota di donne qualificate come indipendenti (72% a metà 2018 a fronte del 69% nel biennio precedente), si riduce lievemente il numero di casi in cui una donna ricopre la carica di amministratore delegato (14 dai 17 rilevati a giugno 2017).

La presenza delle donne nel board risulta più pronunciata nelle grandi aziende e nel settore dei servizi. Alla maggiore partecipazione femminile si associa una riduzione dell’età media dei consiglieri, un aumento del numero di laureati e una maggiore diversificazione dei profili professionali. Infine, ha raggiunto il minimo storico dell’11% circa la presenza nel board di donne che sono anche azionisti di controllo ovvero sono a questi legate da vincoli di parentela (cosiddette family).

Con riferimento alle caratteristiche degli amministratori ulteriori rispetto al genere, l’età media si attesta attorno ai 57 anni, con i consiglieri più anziani delle società Ftse Mib e del settore finanziario e quelli più giovani nelle società di minori dimensioni e in quelle che operano nei servizi. Quasi il 90% degli amministratori è laureato (più frequentemente nel Ftse Mib e nel settore dei servizi), mentre circa un quarto ha conseguito un titolo post-laurea. Il background professionale prevalente è quello dei manager (circa il 70%), seguito dal profilo del consulente/professionista (circa il 20%) e accademico (circa il 9%).

La presenza di stranieri rimane bassa, raggiungendo il valore massimo nelle grandi aziende (oltre il 10%) e il minimo nel settore finanziario (meno del 5%). Una certa eterogeneità nelle caratteristiche degli amministratori si coglie anche rispetto al modello di controllo delle società. Nelle società a controllo pubblico è maggiore l’incidenza di donne, amministratori laureati e accademici; l’età media dei membri del board, inoltre, è più bassa. I consigli delle società controllate da un istituto finanziario si caratterizzano, invece, per una minore presenza di donne e una proporzione maggiore di stranieri (riflesso anche degli assetti proprietari), soggetti con specializzazione post-laurea e con maggiore esperienza manageriale.

Gli amministratori family sono presenti solo nelle società a controllo familiare, dove pesano per il 27%, dato in diminuzione rispetto agli anni precedenti. Le donne non-family sono mediamente più istruite e hanno un background professionale più diversificato rispetto alle donne family.