Ci sono tante donne nell’immaginario e nella formazione di Daria Bignardi, scrittrice e conduttrice televisiva e radiofonica che ha fatto dell’amore per la lettura e la divulgazione il suo biglietto da visita. Nel suo ultimo libro cita scrittrici e studiose che hanno segnato la sua adolescenza, personaggi di altri tempi che avrebbero tanto da dire anche alle generazioni di oggi.
In “Libri che mi hanno rovinato la vita” parli di un incidente domestico che ti ha fatto saltare un viaggio a New York e commenti che in fondo a casa si sta bene, specie quando si hanno tanti libri da leggere. Per una “lettrice agonistica” come Daria Bignardi, che cosa ha rappresentato il lungo periodo casalingo causato dalla pandemia?
“Eh, come molti lunatici ammetto che mi sono trovata bene, lo dico sentendomi in colpa nei confronti di chi ha avuto problemi seri di salute o di altro tipo. In quei tre mesi ho riordinato le librerie, mettendo tremila volumi in ordine alfabetico, un lavoro che rimandavo da molti anni. Mi ha fermata un colpo della strega alla lettera W, ma per fortuna avevo quasi finito”.
Nel libro racconti di come tua madre non trovasse nulla di sbagliato a vederti trascorrere interi pomeriggi a leggere sul divano. Oggi, che sei tu la madre e che siamo tutti preoccupati dagli effetti della pandemia sui giovani, come hai trasformato gli atteggiamenti che vedevi in tua madre?
“Ho cercato di far fare ai miei figli tutti gli sport possibili, ma loro preferiscono stare in casa a leggere! A parte gli scherzi, essendo stata vittima di una madre adorata ma davvero ansiosissima, io per salvare i figli ho cercato di dirigere la mia ansia, inevitabilmente ereditata da lei, verso altri obiettivi, come ad esempio il lavoro”.
In questo momento storico, quale libro consiglieresti alla madre di una adolescente e quale a una figlia adolescente?
“Tutti i libri belli e solo quelli! Ho scritto quest’ultimo mio libro proprio per non rispondere a questa domanda, perché non ne sono capace. È come se mi chiedesse di consigliare un parente o un amico a scapito di un altro”.
Le scrittrici Djuna Barnes e Lou Salomé sono alcune delle figure che hanno segnato il tuo immaginario. Che tipo di donne erano e che cosa potrebbero trasmettere di importante – meglio di ogni influencer – alle giovani donne di oggi?
“Djuna Barnes era un tipaccio e credo che molte influencer siano esempi migliori di lei che come persona era molto trasgressiva e faticosa, ma era un’autrice originale e colta. Lou Salomè è stata un’ottima filosofa oltre che una brava psicanalista ed era una donna interessata soprattutto alla conoscenza. Ha rifiutato di avere figli e a lungo anche di sposarsi, per essere libera di dedicarsi ai suoi studi. Non saprei dire se si tratta di un buon esempio, ma a volte anche i cattivi esempi servono”.
Poste Italiane è storicamente un’azienda con una forte componente femminile. Tra le sue dipendenti ha avuto Matilde Serao, che circa 150 anni fa cominciò a lavorare giovanissima come telegrafista per poi intraprendere la carriera giornalistica e letteraria. Nel mondo di oggi sono ancora possibili storie come la sua?
“Io credo e spero di sì, magari con modalità diverse. Una delle scrittrici italiane più interessanti, Donatella Dipietrantonio, ha esordito tardi come scrittrice: prima faceva la dentista in un paesino abruzzese. Credo che le vere vocazioni siano impossibili da ignorare per sempre”.
Viviamo un periodo di enormi attese. Si sogna una ripresa economica, sociale e anche culturale del Paese. Quali sono le aspettative di Daria Bignardi e in quali ambiti sarà decisiva la partecipazione delle donne per un reale cambiamento?
“Le donne sono centrali e decisive per la società in ogni ambito e sembra che l’abbiano finalmente capito quasi tutti, ma aspettiamo ancora leggi sostegni e regole adeguate a sostenerle come è giusto che sia, per il bene non solo nostro ma soprattutto del nostro Paese”.