Roma, 7 mag – Il settore agroalimentare mondiale si trova oggi di fronte alla più urgente sfida del nostro tempo: sfamare miliardi di persone e allo stesso tempo affrontare i problemi legati ai cambiamenti climatici. L’agricoltura sfama il mondo ma allo stesso tempo è una delle cause del riscaldamento globale, con il 24% delle emissioni nocive. Due facce della stessa medaglia che non possono più coesistere, almeno con questi rapporti, e che può trovare una soluzione solo innovando il settore in tutta la filiera, dalla produzione alla distribuzione. La risposta può arrivare dalle tecnologie 4.0.

Con queste sfide deve ovviamente scontrarsi anche l’Italia (dove il settore agricolo ha un valore complessivo di 133 miliardi di euro e offre lavoro a 3,2 milioni di persone) ma il nostro paese si trova ad affrontare anche altri due grandi mali: l’italian sounding e la contraffazione.

Sia per i problemi globali che per quelli caratteristici del nostro paese un aiuto potrebbe arrivare dalla blockchain. Ma è davvero così? Per aiutare a trovare una risposta il team di ricercatori di RuralHack, una ‘task-force’ di ricerca interna a Societing4.0 (un progetto dell’Università degli Studi di Napoli Federico II di ricerca/azione per la social digital trasformation), ha sviluppato il primo rapporto che mette nero su bianco vantaggi e limiti di questa tecnologia al centro dell’attenzione.

Grazie all’impiego della blockchain i prodotti possono essere monitorati in tempo reale durante tutto il loro percorso di vita su tutta la supply chain: agricoltori, trasformatori, logistica, distributori e retail. “Non a caso l’Economist definisce la blockchain the trust machine cioè la macchina della fiducia”, ha spiegato Alex Giordano, docente di Marketing dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e responsabile scientifico di RuralHack.

“Questa tecnologia – ha aggiunto Giordano – può incidere non tanto sul processo produttivo quanto su una serie di benefici che incidono sugli attori di tutta la catena del valore: dal prodotto, alla trasformazione, alla distribuzione e arriva fino al cliente. E in questa filiera si articola il suo valore potenziale”. Per i contadini, per esempio, può essere interessante un pagamento in tempo reale dei prodotti oltre che la possibilità di una valutazione della merce in tempo reale insieme agli altri attori della filiera (finanziatori per esempio e commercianti). E può essere interessante anche condividere un sistema di informazioni che qualifichi e garantisca la qualità dei prodotti (magari condizionandone il prezzo).

Il paper realizzato dai ricercatori di RuralHack ha individuato l’esistenza di 42 progetti nella filiera alimentare basati sulla blockchain -internazionali e italiani- dal 2016 al 2018, il cui numero è raddoppiato nell’ultimo anno. Si tratta di iniziative che trovano applicazione in diversi ambiti (nel 24% dei casi), oppure sono dedicati a filiere specifiche come quella della carne (nel 21%), dell’ortofrutta (nel 17% ) e del cerealicolo (nel 10%). Nel 50% dei casi è stato riscontrato un forte ruolo guida da parte degli attori della distribuzione e della trasformazione.

Tra questi prodotti una parte importante arriva da aziende e startup italiane, come Demeter.life o FoodChain che hanno sviluppato piattaforme che garantiscono il tracciamento del prodotto lungo l’intero percorso nella filiera fino al consumatore, oppure Wine Blockchain EY con prodotti specifici per il vino.

In realtà i limiti per la diffusione di tecnologie blockchain sono ancora tanti e di vario tipo. Dagli aspetti puramente tecnici, come il consumo energetico e la reale sicurezza, fino alla mancanza di legislazioni ad hoc e l’attuale scarsa digitalizzazione di gran parte delle aziende che operano nell’agrifood. Ma fortunatamente negli ultimi anni il settore si sta gradualmente adattando positivamente al paradigma tecnologico, accogliendo soluzioni tecnologiche e innovative che hanno come scopo ultimo quello di favorire il lavoro degli agricoltori e rispettare la sostenibilità ambientale e si muovono i primi passi anche in ambito legislativo.

La diffusione può essere rapida solo attraverso l’impegno da parte di tutti gli attori coinvolti nella catena di approvvigionamento: agricoltore, distributore, imballatore e tutti coloro che rientrano nella filiera agricola. La blockchain può orientare i diversi attori a nuove forme di collaborazione capovolgendo e intensificando le relazione tra i diversi soggetti della filiera con l’effetto di incrementare il valore autentico del cibo italiano. Essa fornisce, infatti, le basi aperte e neutrali, dove tutti partecipanti, rispettando le regole comuni, possono garantire l’autenticità di ogni prodotto, monitorando tutti i passaggi, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza degli alimenti, eliminare le frodi e contribuire a far scendere i costi sostenuti dalle società che si occupano della supply chain.

“I vantaggi della blockchain – ha commentato Giordano – si realizzano al meglio quando diversi partecipanti del settore si uniscono per creare una piattaforma condivisa. E questo implica che le regole del gioco non le può scrivere uno solo degli attori della filiera”.

In conclusione, il cibo è un grande tesoro del Made in Italy e la blockchain potrebbe dargli un valore aggiunto rispetto ai competitors: tracciato, sicuro, affidabile, e potrebbe inoltre creare un vantaggio diretto per gli agricoltori che producono qualità. Ma  non è una panacea per tutti i problemi.

Il giusto ecosistema e le parti interessate sono necessari per sostenere qualsiasi tipo di cambiamento, anche per rendere utile la blockchain: sviluppare soluzioni senza un’accurata valutazione di tutte le sfide esistenti, tra cui le infrastrutture, l’alfabetizzazione digitale e la connettività potrebbe far fallire miseramente questa rivoluzione annunciata.