Roma, 13 giu – L’uso del contante, in Italia, si conferma ancora generalizzato e continua a presentare un fattore contestuale di rischio per il riciclaggio e l’evasione fiscale.
Pertanto, in relazione al riciclaggio, tali criticità ampliano la minaccia che proventi di reato, ancorché in misura non specificamente definita, siano reinseriti nel circuito economico-finanziario domestico. Per quanto attiene invece il terrorismo, i fattori di contesto evidenziati rendono particolarmente complessa l’individuazione dei flussi finanziari destinati al suo finanziamento, in quanto esigui in termini di valore e con origine tipicamente lecita. E’ la fotografia scattata dal Comitato di Sicurezza Finanziaria del Mef che ha pubblicato la seconda analisi dei rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo in Italia.
La valutazione del rischio riciclaggio è “molto significativa”, ovvero nel gradino più alto della scala a 4 valori adottata per l’analisi per alcuni fenomeni di fondo presenti nel paese. Per quanto attiene invece il finanziamento del terrorismo (sia di matrice nazionale che internazionale), questo è ritenuto “abbastanza significativo” (scala di valore 3 su 4).
Alla base di tale valutazione in particolare si ritrovano i fattori di contesto che permeano il sistema economico: l’uso ancora molto diffuso del contante e il ruolo della cosiddetta economia non osservata (sommerso economico e attività illegali).
In Italia l’economia non osservata, nel 2016, vale circa 210 miliardi di euro, pari al 12,4 % del Pil. Il valore aggiunto generato dall’economia sommersa ammonta a poco meno di 192 miliardi di euro, quello connesso alle attività illegali (droga, prostituzione e contrabbando di sigarette, incluso l’indotto) a circa 18 miliardi.