Roma, 30 lug – I siti che includono il pulsante “Mi piace” di Facebook sulle loro pagine possono essere ritenuti responsabili della raccolta e trasmissione dei dati dei visitatori che hanno deciso di cliccare sul tasto “like” e pertanto devono informare gli utenti della trasmissione dei loro dati personali al social network statunitense e ottenere il loro consenso, in conformità con le leggi sulla protezione dei dati dell’Unione Europea: lo ha stabilito ieri la Corte di giustizia dell’Ue.

Il pulsante “Mi piace” consente ai siti commerciali di promuovere i propri prodotti, ma alcuni temono che questa trasmissione di dati sia contraria alla legge sulla privacy.

La Corte, che ha sede a Lussemburgo, è stata chiamata in causa da un tribunale tedesco, che ha chiesto un pronunciamento su una denuncia presentata da un’associazione di consumatori.
Quest’ultima ha accusato il sito di vendita di abbigliamento Fashion ID di trasmettere dati a Facebook tramite il pulsante del “like”, senza l’autorizzazione degli utenti di Internet.

Il tribunale tedesco ha quindi chiesto alla Corte di giustizia europea di interpretare diverse disposizioni della vecchia direttiva del 1995 sulla protezione dei dati, sostituita dal Regolamento europeo sulla protezione dei dati (Rgpd), entrato in vigore nel maggio 2018.

In un comunicato rilasciato ieri, la Corte di giustizia europea ha stabilito che “il gestore di un sito Web con il pulsante ‘Mi piace’ di Facebook può considerarsi responsabile in solido con Facebook per la raccolta e la trasmissione alla stessa Facebook dei dati personali dei visitatori del suo sito”.

La Corte ha aggiunto tuttavia che lo stesso gestore di un sito web, in linea di principio, non è responsabile dell’ulteriore trattamento di tali dati da parte della rete. “Stiamo esaminando attentamente la decisione del tribunale e lavoreremo a stretto contatto con i nostri partner per garantire che possano continuare a beneficiare dei nostri plug-in social e di altri strumenti commerciali nel pieno rispetto della legge”, ha affermato Jack Gilbert, uno dei avvocati di Facebook, in un comunicato.