Roma, 16 ago – I paesi del Pacifico che hanno partecipato al Pacific Islands Forum hanno criticato duramente la decisione dell’Australia di non appoggiare una dichiarazione congiunta per iniziative più stringenti contro il cambiamento climatico.

I leader regionali si sono incontrati a Tuvalu cercando un consenso sugli obiettivi legati al clima, ma hanno trovato nell’Australia, paese che produce la parte più consistente di emissioni di CO2 della regione, un’opposizione molto forte, in particolare sullo stop all’estrazione di carbone.

“Ritengo che avremmo dovuto fare di più per i nostri popoli”, ha detto il primo ministro di Tuvalu Enele Sopoaga aggiungendo di aver accusato il premier australiano Scott Morrison “di essere preoccupato di salvare l’economia australiana, mentre io mi preoccupo di salvare il mio popolo di Tuvalu”.

Morrison ha difeso gli sforzi dell’Australia nella lotta al surriscaldamento globale e ha detto di aver avuto un dialogo “molto rispettoso” con gli altri leader. Le piccole nazioni del Pacifico sono tra i Paesi che stanno sperimentando più duramente l’impatto del cambiamento climatico, con l’aumento dei livelli del mare e le conseguenze del riscaldamento delle acque.

L’Australia si è detta impegnata a rispettare i patti dell’accordo sul clima di Parigi, con una riduzione entro il 2050 del 26% delle emissioni, ma ha aggiunto che le sue industrie, tra qui quella del carbone, restano centrali per i bisogni energetici e per i livelli occupazionali. Dopo dodici ore di negoziati il gruppo ha prodotto la dichiarazione Kainaki II che di fatto ribadisce gli impegni di Parigi, ma non ottiene il risultato di uno stop immediato al carbone.

L’Australia si è rifiutata di firmare queste restrizioni, dopo
che a giugno ha approvato l’autorizzazione per lo sfruttamento di una nuova grande miniera nel Queensland all’indiana Adani.

Il premier Sopoaga ha raccontato che il primo ministro del
Tonga, arcipelago di 170 isole del Sud Pacifico, Akilisi Pohiva
ha lasciato l’incontro in lacrime.