Roma, 2 dic – Le catastrofi naturali alimentate dall’impatto del cambiamento climatico sono la prima causa al mondo di migrazioni forzate all’interno di paesi spesso già poverissimi o dilaniati da conflitti. Negli ultimi 10 anni sono aumentate di 5 volte e hanno costretto oltre 20 milioni di persone ogni anno, una persona ogni due secondi, a lasciare le proprie case per trovare salvezza altrove. E’ l’allarme lanciato da Oxfam, attraverso un nuovo rapporto, diffuso in occasione dell’apertura del vertice ONU sul clima in programma fino al 13 dicembre a Madrid.

Un dossier che rivela come cicloni, inondazioni e incendi hanno probabilità sette volte maggiori di causare migrazioni forzate rispetto a terremoti o eruzioni vulcaniche e tre volte di più rispetto a guerre e conflitti. Un trend drammatico che pur non risparmiando nessun Paese – come dimostrano i recenti incendi in Australia o le inondazioni che nelle ultime settimane si sono riversate sull’Italia e diversi stati europei – paradossalmente colpisce soprattutto i Paesi più poveri, che non hanno praticamente responsabilità sul livello di emissioni globali di CO2 in atmosfera, spiega l’organizzazione.

Tra i 10 Paesi più colpiti al mondo sette sono “piccole” isole. Basti pensare che, tra il 2008 e il 2018, il 5% della popolazione di Cuba, Dominica e isole Tuvalu – oltre 3 milioni di persone – ogni anno è stato sfollato a causa di eventi climatici estremi, anche se in media questi paesi producono solo un terzo delle emissioni inquinanti rispetto ad un qualsiasi Stato ad alto reddito. È come se una volta all’anno tre quarti della popolazione di Roma fosse costretta a lasciare le proprie case, per trovare scampo da uragani, cicloni, inondazioni o siccità durissime.

Siamo di fronte a una vera e propria “disuguaglianza climatica” a ogni latitudine, sottolinea Oxfam: in paesi a reddito basso e medio-basso – come India, Nigeria e Bolivia – la popolazione ha una probabilità quattro volte maggiore di essere sfollata a causa di catastrofi climatiche rispetto alle persone che vivono in paesi ricchi come gli Stati Uniti. Circa l’80% di tutte le persone sfollate nell’ultimo decennio vive in Asia, dove oltre un terzo delle persone vive in condizioni di povertà estrema.