Giovanni Scifoni

Il largo sorriso e la voce stentorea dell’attore Giovanni Scifoni si riconoscono subito: sono gli stessi del dottor Enrico Sandri, il neuropsichiatra amico del medico “smemorato” Luca Argentero nella fiction “Doc, nelle tue mani”. È proprio Enrico Sandri uno dei personaggi che ha dato maggior lustro alla carriera di questo eclettico attore, apprezzato dal pubblico di tutte le età. Giovanni ci accoglie con la sua ironia.

Giovanni, in teatro hai recitato con miti indiscussi come Paolo Poli e in tv sei protagonista in diverse fiction di successo. Come fai a passare da un genere a un altro con questa disinvoltura?
“Ho imparato ad allacciarmi le scarpe da solo e a cuocermi un uovo al tegamino: vuoi che non abbia imparato a passare dal teatro al cinema e, da questo, alla tv? In fin dei conti, il trasformismo è il nostro mestiere. Ottenere vera credibilità per fare queste cose, forse, è un po’più difficile. Posso però dire di essere contento di me stesso: scrivo i miei spettacoli, mi metto in gioco in prima persona. Una goduria, insomma”.

Qual è il segreto della tua arte?
“Se è un segreto, perché lo devo dire? Scherzi a parte: il segreto è quello di portare in scena cose che fanno innanzitutto emozionare me. In questo mestiere, è bello far scattare nello spettatore l’identificazione. Perché così, senza prendersi troppo sul serio, passa anche qualche messaggio: spiritoso e spirituale, dopotutto, hanno la stessa radice”.

Hai debuttato al cinema in un cult come “La meglio gioventù”: niente male, come partenza.
“Stupendo, è stato un vero privilegio. Il regista, Marco Tullio Giordana, era un giocherellone. Sempre pronto a scherzare, a diffondere la sua ironia elegante. E noi, come bimbi impertinenti, gli siamo andati dietro”.

Poi ecco le simpatiche avventure familiari per Rai Play ne “La mia jungla”, interpretate con moglie e figli. È così difficile la vita familiare nei giorni della quarantena?
“Difficile? No, di più: è una tragedia. Scopri cose terrificanti. Diciamoci la verità: questo iper-familismo ci sta rovinando. Avremmo tutti bisogno, in questo periodo, di evadere dal contesto familiare, fare cose, vedere gente. Citazione di Nanni Moretti a parte, le mura domestiche sono una vera prigione. Però La mia Jungla ha vinto come migliore web fiction all’ultimo Prix Italia, organizzato dalla Rai. Una bella soddisfazione”.

Cosa ti manca di più, in questo momento di pandemia?
“A livello lavorativo, mi manca molto il contatto con il pubblico, respirare la loro stessa aria. E poi mi manca la progettualità: questa impossibilità di poter pianificare cosa fare domani, mi crea un po’ di ansia”.

Qualche bel progetto, però, tu ce l’hai.
“Tra i miei progetti ci sono Leonardo, una coproduzione RAI Fiction/Lux, poi un film per Fandango e ‘Doc nelle tue mani’, versione seconda. Ve li ho detti tutti di un fiato: e sapete perché?”.

No, dicci pure.
“Perché ho fretta. Proprio adesso, devo andare a consegnare il mio nuovo libro per Mondadori. Si intitolerà Senza offendere nessuno”.

Prima vorremmo sapere come ti trovi quando ti rechi all’Ufficio Postale.
“È un posto accogliente, dove si incontrano persone simpatiche. Ormai utilizzo l’app per prenotare in tutta tranquillità. Pensando alla posta invece mi viene un po’ di nostalgia”.

Che cosa ti viene in mente?
“Mi dispiace non ricevere più lettere dalle persone care. Quando ero bambino, ce ne scrivevamo tante. Soprattutto con i miei amici d’infanzia. E poi mi ricordo quelle che mi recapitava mio padre. Mi scriveva delle paternali incredibili. Rimproveri e raccomandazioni su come dovessi comportarmi quando facevo le 3 del mattino fuori, in giro con gli amici. Rileggendo quelle parole oggi non posso che sorridere. Le lettere alle quali sei più affezionato, dopotutto, tengono vivi i ricordi più belli”.

Leggi tutte le interviste di Postenews