Le emozioni di Luigi Lo Cascio: “Quelle lettere così attese da baciare la mano del postino”

Non solo come scrittore Luigi Lo Cascio ha esordito tardi con il romanzo a matrioska “Ogni ricordo un fiore” (Feltrinelli), in linea di continuità con la gloriosa tradizione della letteratura siciliana dei Tomasi di Lampedusa, Lucio Piccolo, Gesualdo Bufalino, che hanno tutti pubblicato in età matura, ma anche nelle corrispondenze epistolari. “Sono un lettore tardivo, pur avendo fatto il liceo classico ho cominciato a leggere più avanti negli anni, e siccome cimentarsi nella scrittura, il rivolgersi a un’altra persona, ha qualcosa di letterario, perché c’è un stile nell’esprimere un sentimento, la cosa mi intimidiva”. Il grande uomo di teatro, l’interprete di Peppino Impastato ne “I cento passi” e il Nicola de “La meglio gioventù” di Marco Tullio Giordana e di molte altre memorabili pellicole che hanno fatto di lui uno dei più grandi attori del cinema italiano contemporaneo, ammette di aver scritto poche lettere, “non ho avuto distanze importanti, persone che non potevo raggiungere con il telefono», quella che chiama «l’avventura della corrispondenza” è iniziata più tardi, “le uniche lettere sono legate alle prime storie amorose” racconta puntuale, storie estive e giovanili, “le scrivevo dopo che la storia era finita, tenevano in vita il desiderio di continuare a sentirsi”.

Il pensiero nelle lettere

A casa e nella sua famiglia – due genitori, cinque figli e una nonna – quasi nessuno scriveva, “ma cartoline sì, quelle ne ho scritte, lì lo spazio non bastava mai, saluti e baci” ironizza, “le scrivevo fitte fitte con righi inventati, strabordavano intorno al francobollo”. Il primo biglietto scritto in casa, un avvenimento memorabile al quale parteciparono emotivamente tutti, fu quello di suo fratello Marco, spedito a un suo coetaneo che si era trasferito al nord, “cercava di trovare le parole per dire all’amico strappato via dal destino tutto il suo affetto” dice con slancio Lo Cascio. Invece quelle sentimentali sono arrivate più avanti, e anche le relazioni epistolari introspettive e di autoanalisi, alcune delle quali non spedite, “simulazione di un discorso da fare”, perché “nelle lettere si organizza meglio il pensiero”, sostiene Lo Cascio, “c’è una maggiore sincerità, ci si accorge di provare un sentimento proprio nell’attimo in cui si compie il momento espressivo”, nel flusso. Le ha usate anche in momenti di crisi delle relazioni, “le ho conservate perché sono state utili per chiarirmi” confessa pensoso.

I grandi autori

Quelle vere, invece, “ti raggiungono attraverso una scrittura che lascia una traccia”, secondo lui, “dentro la busta magari i più romantici mettevano una ciocca di capelli, la fotografia, il fiorellino”, spia anche di qualcosa di profondamente fisico, corporale, un prolungamento dei sensi. Quelle scritte da Giuseppe Verdi le ha lette sul palcoscenico, “dove la lettera è protagonista”, che gli hanno rivelato aspetti dell’uomo di teatro, profondo lettore come lui del Macbeth di Shakespeare, così come quella spedita da Francois Truffaut al poco amato Jean-Luc Godard, ma anche “Lettera al padre” di Franz Kafka (del quale conosce anche tutto il vasto epistolario delle lettere alle fidanzate) è diventato un lavoro di drammaturgia. “Mi è capitato di leggerla in scena da personaggio”, dice, ma ha frequentato da lettore anche quelle di Pirandello, Nietzsche, Pasolini, le “Lettere dal carcere” di Antonio Gramsci. Quando gli è capitato di riscrivere per la scena “Otello” di Shakespeare in siciliano, si è inventato un pezzo del testo dove il Moro di Venezia e Desdemona si scrivono, “lui è al campo di battaglia, le invia lettere scritte su dei fazzoletti. Compenetrato e con voce beffardamente solenne ne legge una dal copione: “Ogni volta che ricevo un nuovo fazzoletto, prima di aprirlo lo porto alla bocca e assaggio con le labbra il tuo profumo” risponde l’eroina del dramma shakespeariano. “Certo, perché le lettere si assaggiano” dice Lo Cascio divertito, “l’arrivo della lettera crea una trepidazione tale che dopo averla ricevuta baceresti la mano del postino”.