Con la pandemia cresce la domanda di prodotti e servizi digitali, che rafforza la trasformazione dei modelli distributivi, con la migrazione verso i canali in remoto e la conseguente ridefinizione della rete di filiali. E’ quanto emerge dall’Osservatorio Monetario di Università Cattolica che ha analizzato le conseguenze e rischi della pandemia sul sistema bancario. La rete – rilevano i docenti Elena Beccalli, Andrea Lionzo e Francesco Virili dell’Università Cattolica – era già notevolmente “dimagrita” nel decennio precedente, con la chiusura di 9.800 filiali tra il 2010 e il 2019, segnando una riduzione del 28%.
La scelta del digitale
Con la riduzione dell’uso del contante e degli assegni, e con la migrazione delle operazioni più semplici ai canali digitali, la razionalizzazione della rete subirà una ulteriore spinta. In Italia, il 15-20% della clientela bancaria dichiara che intende aumentare l’utilizzo dei canali digitali, per accedere ai servizi bancari, anche una volta superata la particolare situazione creata dalla pandemia. La pandemia da Covid-19 è destinata ad avere effetti di “lungo periodo sull’organizzazione e sui modelli di business degli intermediari finanziari”, afferma Angelo Baglioni, direttore dell’Osservatorio monetario.
Nuovi modelli di lavoro
Nelle banche, evidenzia l’Osservatorio monetario dell’Università Cattolica, stanno emergendo nuovi modelli di organizzazione del lavoro, con largo ricorso allo smart working: nei mesi maggio-settembre 2020, i dipendenti che hanno lavorato completamente da remoto sono stati la maggioranza e in numero quasi doppio rispetto ai settori non finanziari (58% contro il 31%). Anche quando le misure il distanziamento sociale verranno meno, l’adozione di modelli di lavoro a distanza consentirà di aumentare il cosiddetto bank desk ratio, cioè il rapporto tra posti di lavoro equivalenti a tempo pieno (full time equivalent – Fte) e scrivanie, dall’odierno 1,2 Fte per scrivania a 1,6-1,8 a seconda delle stime, liberando dal 25% al 40% degli spazi di lavoro.