Luigi Ferrajolo: “La Nazionale e Poste, punti di riferimento per il Paese”
Luigi Ferrajolo

Uno dei decani del giornalismo sportivo italiano. Un autentico maestro, sotto la cui guida sono cresciuti tanti colleghi che, in un certo senso, ne hanno ripreso lo stile e la deontologia professionale. Luigi Ferrajolo rappresenta, dall’alto dei suoi oltre 50 anni di carriera, il giornalista inviato al seguito della Nazionale per antonomasia: dalle colonne del Corriere dello Sport (di cui è stato anche vicedirettore), ha raccontato le gesta degli Azzurri, accompagnandoli, idealmente, attraverso i successi più prestigiosi.

Luigi Ferrajolo, è stato per quasi 30 anni inviato al seguito della Nazionale Italiana di calcio. Che rapporto ha avuto con il mondo azzurro? Cosa le ha lasciato questa esperienza?

“Otto Mondiali e sette Europei al seguito dell’Italia non si dimenticano. Questa esperienza mi ha permesso di conoscere, anche sul piano umano, degli allenatori e dei giocatori eccezionali: ho avuto ottimi rapporti con Arrigo Sacchi, il più geniale tra i CT e poi anche Azeglio Vicini (quello con il quale ho avuto l’intesa migliore). Senza dimenticare il grande carisma di Bearzot, Zoff, Lippi”.

Se chiude per un attimo gli occhi, qual è il ricordo, legato alla Nazionale, che le viene per primo in mente?

“Non ho dubbi: il Mondiale vinto in Spagna nell’82. Ero giovane, al mio primo Campionato del Mondo da inviato. Pensate che, per il Corriere dello Sport, dovevo seguire la Germania. I tedeschi erano così convinti di batterci in finale, che la sera prima, nell’albergo dove alloggiavano, avevano fatto recapitare centinaia di bottiglie di champagne. La realtà è che, invece, erano cotti. In finale, infatti, non ci fu partita”.

Lei è stato presidente dell’Ussi (Unione Stampa Sportiva Italiana) per quasi 15 anni. Come è cambiato il rapporto tra la Nazionale e il mondo del giornalismo sportivo?

“Mi sono sempre battuto per difendere gli interessi della nostra categoria. Oggi il rapporto è inevitabilmente cambiato. Prima, eravamo pochi cronisti che riuscivano a fare l’intervista a Bruno Conti o a Paolo Rossi, direttamente sotto la doccia, negli spogliatoi. Oggi, tutto questo è impensabile: i colleghi sono molti di più e chi organizza le interviste sceglie un approccio più distaccato e asettico”.

Sappiamo che lei è amico di Roberto Mancini. Quale ruolo pensa che possa avere la Nazionale ai prossimi Campionati Europei?

“A Roberto mi lega una stima profonda e di vecchia data. Professionalmente, si può dire che siamo cresciuti insieme. Per me lui è l’uomo giusto. Ha dato un’identità alla Nazionale. E poi attorno all’Italia, vedo tanto entusiasmo. Questo è davvero un buon segno”.

Poste Italiane è sempre stata al fianco della Nazionale. Quanto è importante che un’azienda che da sempre rappresenta l’italianità, si faccia portavoce di progetti di salvaguardia e sviluppo dello sport?

“Anche sul piano sociale, rimango piacevolmente sorpreso dalle iniziative di Poste Italiane. L’azienda si è trasformata, e in meglio. Tanti nuovi servizi offerti alla clientela e poi questo matrimonio con la Nazionale, all’insegna del gioco di squadra. Poste è sempre più un punto di riferimento per il nostro Paese”.