Il professor Roberto Costantini, docente e dirigente all’Università Luiss Guido Carli di Roma, è il pioniere delle Summer School in Italia, nonché esperto di Business Administration e formazione all’interno delle aziende.
Scuola e università hanno dovuto in questo anno e mezzo ridisegnare totalmente la didattica: professore, ci aiuta a immaginare il futuro della formazione nel post-pandemia?
“Mi concentrerei su un punto particolare: dopo due anni di didattica a distanza, nelle scuole superiori è diventato sempre più complicato e critico orientare i ragazzi verso il futuro. Innanzitutto, bisogna ricordarsi che la scelta deve essere sempre sul “cosa fare” all’università e non sul “dove fare” l’università. Già prima del Covid, l’attività di orientamento era un’attività debole nelle scuole, che devono affrontare mille problemi quotidiani, ora è praticamente scomparsa. Noi riteniamo che nell’estate fra il terzo e il quarto anno sia fondamentale per i ragazzi frequentare una Summer School: ne esistono tante e qualificate sia in Italia sia all’estero e rappresentano uno strumento essenziale per prepararsi alla scelta dell’università. Per quanto riguarda la fascia degli studenti universitari, soprattutto le matricole in questi due anni hanno risentito della didattica a distanza: i primi anni di università non servono solo a studiare ma anche a conoscersi, integrarsi, apprendere la metodologia di studio e come si lavora con gli altri. È necessario ripartire in presenza, seguendo tutte le norme, per assicurare agli studenti una formazione completa”.
E nelle aziende cosa succederà?
“Anche in questo caso occorre ripartire dal tema della distanza. La nostra idea è molto chiara: nei primi cinque anni il contatto umano è fondamentale per chi si affaccia al mondo di lavoro. Non c’è formazione migliore del lavoro stesso: apprendere sul campo è fondamentale”.
All’interno di Poste Italiane i dipendenti stessi vengono ingaggiati per formare i propri colleghi. Quali sono i vantaggi di questo schema di apprendimento?
“Dalla mia lunga esperienza posso dire che nel mondo del lavoro si impara sempre più dai colleghi che dai docenti esterni. A maggior ragione, quando si può sviluppare un adeguato passaggio di competenze interne: nel caso di un’azienda efficiente, evoluta e di grandi dimensioni come Poste Italiane è difficile trovare l’assenza di una competenza. I colleghi conoscono il contesto e sono detentori di un know how formativo che va condiviso e valorizzato”.
Professor Costantini, quali saranno le nuove frontiere della formazione?
“Ci sono alcune questioni trasversali, che riguardano tutti, dall’ingegnere inserito nella logistica al neolaureato in Giurisprudenza che muove i suoi primi passi nell’ufficio legale. Una volta si diceva che senza inglese nessuna azienda si sarebbe interessata a un curriculum. “L’inglese” di oggi sono le conoscenze di base dell’informatica, essenziali per qualunque tipo di professionalità futura. Conoscenze di base non significa saper aprire un pc, ma aver sviluppato un approccio alla programmazione. Si tratta di un metodo mentale, che ha applicazioni trasversali di problem solving. Sto parlando del metodo 42 che noi come Luiss abbiamo portato in Italia e che permette di avere una formazione di base su elementi di problem solving utili a tutti”.
Oltre ai contenuti cambieranno anche le modalità di apprendimento?
“Una volta anche nelle aziende si portavano i lucidi come all’università. Poi si è passati alle slide, presto ci saranno gli ologrammi dell’insegnante che parla a migliaia di chilometri di distanza, come già stiamo sperimentando alla Luiss”.