Lettere nella storia: Albert Camus e l’idea d’Europa

Tra le parole più intense sull’idea d’Europa quale fucina di un’umanità nuova e sempre da costruire con rinnovata coscienza di giustizia, pace e libertà bisogna considerare quelle contenute nelle “Lettere a un amico tedesco” di Albert Camus. Il giornalista, filosofo, saggista della prima metà del Novecento celebre per il romanzo La Peste, scrisse queste lettere a un ipotetico amico nel biennio 1943-44, tra i più cruenti delle lotte partigiane e decisivi per la vittoria delle democrazie sul nazismo.

La visione dell’Europa di Camus

Singolare e attuale tuttora la visione di base sull’Europa che l’autore illustra nella prefazione alla pubblicazione di queste lettere apparse prima su “Combat” rivista clandestina della Resistenza francese e su altri giornali di lotta e resistenza di quegli anni di Guerra mondiale. Intuizioni e pensieri utili a capire un certo attaccamento agli ideali umanistici di un’Europa vissuta come casa dell’uomo progredito nella propria coscienza storica, presente e operante nelle diverse tradizioni dei popoli e delle patrie. “Quando l’autore di queste lettere scrive “voi” – spiega Camus – non vuol intendere “voi Tedeschi”, ma “voi nazisti”. Quando dice noi, non sempre significa noi francesi, ma noi Europei liberi. Contrappongo due atteggiamenti. Non due nazioni, anche se a un certo punto della storia queste due nazioni hanno potuto incarnare due atteggiamenti ostili. Amo troppo il mio Paese per essere nazionalista. Non detesto che i carnefici”.

La terra dello spirito

“Quell’idea d’Europa che avete preso dai migliori di noi e distorto è di conseguenza diventata difficile per noi da mantenere viva in tutta la sua forza originale…Voi parlate d’Europa ma la differenza è che per voi l’Europa è una proprietà, mentre noi sentiamo di appartenervi…Voi dite Europa, ma pensate in termini di potenziali soldati, granai, industrie addomesticate e intelligenze sotto controllo. Mi sto spingendo oltre? Ma almeno so che quando dite Europa, perfino nei vostri momenti migliori, quando vi lasciate trascinare dalle vostre stesse menzogne, non potete fare a meno di pensare a una coorte di docili nazioni guidate da una Germania imperiosa verso un futuro favoloso e cruento. Vorrei che capisse bene la differenza. Per voi l’Europa è una distesa circondata da mari e montagne, punteggiata di dighe, piena di mine, coperta di messi, in cui la Germania gioca un ruolo in cui solo il suo destino è in gioco. Ma per noi l’Europa è la terra dello spirito, dove da venti anni prosegue la più sorprendente avventura dello spirito umano. È l’arena privilegiata in cui la lotta dell’uomo occidentale contro il mondo, contro gli dei e contro se stesso raggiunge oggi il suo apice. Come vede non c’è un comune dominatore. La vostra Europa non è quella giusta. Non ha niente che possa unire o entusiasmare. La nostra è un’avventura comune che dovremo continuare a perseguire, che lo vogliate o no, con l’ispirazione dell’intelligenza…È una terra magnifica plasmata dalla sofferenza e dalla storia. Rivivo quei pellegrinaggi che un tempo feci con tutti quegli uomini dell’Occidente: le rose nei chiostri di Firenze, le cupole dorate di Cracovia, lo Hradschin [quartiere di Parga – ndr] e i suoi morti palazzi, le statue contorte del ponte Carlo sulla Moldava, i giardini delicati di Salisburgo. …I miei ricordi hanno fuso tutte queste immagini sovrapposte per creare un unico volto, il volto della mia terra natia. Non avevo mai pensato che un giorno avremmo dovuto liberare quei luoghi da voi…So che tutto in Europa, paesaggio e spirito, vi nega quietamente senza la sensazione di un odio precipitoso, ma con la forza serena della vittoria. Le armi che lo spirito europeo può usare contro di voi sono le stesse che possiede questa terra che si risveglia costantemente con i suoi fiori e le sue messi. La battaglia che sosteniamo ha la certezza della vittoria perché è ostinata quanto la primavera. Infine, so che non sarà tutto finito quando verrete sconfitti. L’Europa sarà ancora da fare. Essa è sempre da fare”. Potente l’immagine di uomo che Camus disegna in una delle prime lettere: “Cos’è l’uomo? L’uomo è quella forza che alla fine cancella sempre tutti i tiranni e gli dei. È la forza dell’evidenza. E l’evidenza umana è proprio ciò che dobbiamo proteggere”.