Secondo il rapporto The Future of Jobs, realizzato dal World Economic Forum, entro il 2025 andranno persi 85 milioni di posti di lavoro ma ne verranno creati 97 milioni di nuovi. Dice il rapporto che le macchine si concentreranno principalmente sull’informazione e l’elaborazione dei dati, sulle mansioni amministrative e sui lavori di routine attualmente svolti da impiegati e operai. Invece i compiti in cui si prevede che gli esseri umani manterranno il loro vantaggio competitivo saranno la gestione, la consulenza, il processo decisionale, il ragionamento, la comunicazione e l’interazione. Ci sarà un’impennata nella domanda di lavoratori nella green economy, nell’economia dei dati e nell’intelligenza artificiale, oltre a nuovi ruoli nell’ingegneria, nel cloud computing e nello sviluppo di prodotti. Un futuro che per molti aspetti è già tra noi.
La competitività del sistema
In Germania quasi un milione di ragazzi frequenta le Fachhochschulen, laboratori e scuole di scienze applicate che dopo il diploma avviano al lavoro. Da noi l’equivalente sono gli Its, istituti tecnici superiori, che propongono contenuti e didattica certo non inferiori a quelle tedesche. La differenza con la Germania sta nel fatto che l’anno scorso gli allievi degli Its non sono stati un milione, ma appena 20 mila. Il che spiega molte cose sui problemi di competitività del nostro sistema produttivo. Inefficaci gli uffici di collocamento, inadeguati i corsi pubblici di formazione professionale, praticamente inesistenti i supporti per i lavoratori in mobilità dopo le crisi aziendali dovute alla innovazione tecnologica, un ruolo di primo piano, sempre più strategico, spetta alla formazione aziendale. E qui il nostro Paese può finalmente dire di avere le carte in regola. Secondo l’ultimo rapporto Istat, pubblicato il 30 dicembre 2022 e riferito al 2020, il 68,9% delle aziende attive in Italia con almeno 10 dipendenti ha svolto attività di formazione. La percentuale supera il 90% per le aziende con più di 250 addetti. Tra i top player, in cima alla classifica troviamo Poste Italiane, dove le attività di formazione hanno coinvolto quasi tutti i 120 mila dipendenti. In Poste la formazione ha accompagnato un massiccio ricambio generazionale, con 25 mila neoassunti negli ultimi cinque anni. Con l’arrivo di questa ondata di ragazze e ragazzi (8 mila solo l’anno scorso, con contratti a tempo indeterminato e apprendistato e un’età media di 31 anni), le ore di formazione sono passate da 5 a 6 milioni.
La Corporate University
Da ormai diversi anni la Corporate University di Poste Italiane assicura lo sviluppo delle competenze strategiche del personale attraverso cinque Academy, ognuna delle quali presidia specifiche competenze. La prima si occupa dell’ambito finanziario-commerciale, la seconda della rete di recapito e di logistica, oltre che dell’Ict. La terza è invece dedicata allo sviluppo delle competenze legate alle funzioni corporate, e gestisce i docenti interni assicurando la formazione e la certificazione delle competenze. Altre due academy sono invece focalizzate su competenze trasversali e cioè quella manageriale e quella che supporta la digital transformation. La funzione di pianificazione e governance garantisce una gestione unitaria a livello di gruppo di tutti i processi e i servizi per la formazione destinata a quattro generazioni di collaboratori molto diverse tra loro.
Innovazione e sostenibilità
A tutti è rivolta un’offerta formativa differenziata per quasi 200 tipi di mestieri e oltre 100 competenze. Le new entry in catalogo sono i corsi riguardanti l’energia, il nuovo mercato in cui Poste ha deciso di cimentarsi. Ogni giorno quasi 9.000 dipendenti sono impegnati in attività formative a vario titolo. Nel 2023 il focus riguarderà l’evoluzione dei macro-trend del business, fermo restando l’impegno a orientare i comportamenti verso l’innovazione, il miglioramento continuo e la sostenibilità. E a questo proposito va segnalato che è stata creata una piattaforma per consentire a tutti i dipendenti di proporre la propria idea in tema di sostenibilità o di mettere le proprie competenze a disposizione di un’idea altrui, che è poi il segreto del successo di ogni impresa.