Il Cardinale Zuppi: “Poste Italiane è una rete di protezione per i più deboli e per i piccoli comuni”

Matteo Maria Zuppi è presidente della Conferenza Episcopale Italiana: con lui Postenews ha parlato della funzione sociale di Poste per i piccoli comuni e del ruolo della Chiesa per arginare la denatalità e del futuro dei giovani.

Eminenza, ci leggono tantissimi portalettere…

“È un grande piacere, ci sono categorie che nascono da un’appartenenza. Il lavoro non è mai un fatto squisitamente tecnico o economico: significa avere un ruolo, una relazione, anche amicizie. I postini ne sono un esempio vivente. Un tempo lo erano ancora di più, erano un elemento della vita quotidiana: l’arrivo del postino era vissuto come un momento di attesa, aveva una funzione all’interno della comunità”.

Oggi Poste Italiane rappresenta il principale datore di lavoro del Paese. L’Azienda ha scelto di mantenere e rafforzare la sua rete nei piccoli comuni con una presenza che molto spesso viene paragonata a quella della Chiesa. Questa funzione, insieme alla vostra, è sempre più difficile da svolgere. È utile insistere?

“Utilissimo. Anche per trasmettere senso di protezione alle comunità. Capita che ci siano anziani che compiono operazioni sbagliate o, peggio ancora, che vengono circuiti. L’impiegato delle Poste può aiutare a orientarsi, a evitare truffe, può spiegare le cose che non vanno fatte. I consigli, la vicinanza sembrano cose di poco conto ma non lo sono affatto. Senz’altro, la rete di Poste è un elemento indispensabile nel tessuto della vita sociale delle nostre città e dei nostri paesi. A maggior ragione nelle aree interne dove c’è poca vita e assistiamo al fenomeno dello spopolamento”.

Nei suoi interventi cita spesso la denatalità del nostro Paese. La Chiesa che altro può fare, oltre a quello che già fa, per invertire questa tendenza?

“La Chiesa può aiutare a capire la gioia della vita, il gusto della vita. Il piacere di trasmetterla e di donarla. Molte volte cerchiamo la vita dove in realtà la perdiamo: la Chiesa deve imparare e insegnare a vivere e ad apprezzare il gusto della vita. Ecco, credo che la Chiesa debba impegnarsi a trasmettere questo”.

I giovani sono il nostro futuro. Come li possiamo convincere a credere a questa promessa?

“Dobbiamo convincerli a non avere paura della vita. E dobbiamo dare loro tutte le possibilità e tutte le garanzie indispensabili perché si possa affrontare con sicurezza il futuro, che altrimenti mette paura. Le garanzie non sono mai abbastanza; se si ha paura non bastano mai. La nostra generazione ha avuto tante garanzie, ora dobbiamo darle ai giovani su temi come la lotta al precariato e il diritto alla casa. Ma senza mai dimenticare il gusto della vita, la gioia. E poi i giovani devono fare la loro parte, altrimenti non supereranno mai la paura”.

(Isabella Liberatori)