Roma, 29 lug – I grandi gruppi industriali italiani crescono grazie all’export ma Germania, Francia e Regno Unito sono ancora lontani. Questo il quadro tracciato dall’Annuario R&S dell’Area studi Mediobanca che raccoglie i profili dei principali gruppi italiani quotati nel periodo 2014-2018, mettendoli a confronto con quelli dei concorrenti europei.
Nella top ten europea per fatturato, dominata dalla Germania con cinque big player, non compare alcun gruppo italiano. I top10 tedeschi – rileva Mediobanca – fatturano poco meno della metà del Pil italiano, con le 4 prime aziende tedesche (VW, Daimler , BMW e Siemens) che da sole valgono più dei primi 10 big italiani.
Basti pensare che la manifattura italiana determina soltanto il 5,5% del fatturato cumulato europeo (contro il 55,8% della Germania, il 25,6% della Francia e il 13,1% Regno Unito) e il 4,6% del rispettivo Pil nazionale (contro il 24,1% della Germania, il 15,9% della Francia e l’8% del Regno Unito).
Più blando il ritmo di crescita nei ricavi dei big player italiani nel 2018-2014 (+8%), con i britannici che corrono veloci (+23,7%) seguiti dai francesi (+23,6%) e dai tedeschi (+15,1%). Italia fanalino di coda anche negli utili: suoi solo 3 dei 493 mld generati complessivamente in cinque anni. Meglio di tutti la Germania (218 mld), seguita da Regno Unito (140 mld) e Francia (132 mld).
Nemmeno la Borsa premia i big player italiani la cui capitalizzazione ha subito un calo del – 8,7% sul 2014, inferiore solo al -15,7 % dei big tedeschi. Crescono, invece, francesi (+32,1%) e britannici (+7,8%).
Nel 2018 il giro d’affari aggregato dei 42 grandi gruppi italiani quotati vale 366 mld di euro, in aumento del +3,3% sul 2017. Fondamentali le esportazioni (+6%), debole la domanda interna (+0,2%). Il settore energetico fa la parte del leone e determina la metà (52,8%) del fatturato aggregato, complice anche una crescita dei ricavi del +7,5% sul 2017 legata al prezzo del greggio. Cresce anche la manifattura (+2,6%) che genera il 26,8% del giro d’affari totale. Proviene prevalentemente dal terziario (autostrade, poste, tlc, tv) la quota restante.
Nel 2014-2018 sono aumentati i ricavi delle grandi aziende private (+15,8 % ), al contrario delle pubbliche (-9,2%) che però fatturano mediamente il triplo e determinano il 65,7% delle vendite (contro il 34,3% delle private).
Bene soprattutto i gruppi manifatturieri privati (+3% sul 2017) rispetto a quelli pubblici (+1,7%), specialmente se si allarga il confronto ai cinque anni (+30,7% i privati, – 17,3% i pubblici). Le sole Eni (75,8 mld) ed Enel (73,1 mld), i due principali gruppi industriali italiani, determinano il 41% del fatturato aggregato, seguite da Fca Italy (27,2 mld) e Poste Italiane (25,6mld). Aumento dei ricavi a doppia cifra nel 2018 per Saras (+35, 9%), Moncler (+18,9%), Eni (+13,3%, unico gruppo pubblico fra i primi tre), Interpump (+11,6%) e Iren (+10%, prima local utility). Il fatturato non domestico dei grandi gruppi è pari al 54%. La manifattura ha la più alta proiezione internazionale (77,5%) , con punte di oltre il 90% registrate da Saipem, Danieli & C., Salini Impregilo e Pirelli & C.
Nel 2018 la redditività industriale dei gruppi pubblici supera quella dei gruppi privati (ebit margin al 13,5% contro il 10,8%) soprattutto per l’impatto del comparto energetico (14%). La manifattura privata (11,2%) è, di contro, più redditizia della pubblica (4,7%), con Recordati, DiaSorin e Moncler sul podio. Irraggiungibili le performance dei “monopolisti” delle reti Snam (55%) e Terna (51,4%). Ammontano a oltre 46 mld gli utili cumulati nel periodo 2014 – 2018, di cui quasi un terzo in capo alla sola Enel (13,9 mld), campione di profitti.
Completano il podio Snam (5,2 mld) e Poste Italiane (3,5 mld ). Settimo posto per il primo gruppo manifatturiero, Leonardo (1,7 mld), seguito da Prada (1,5 mld).