Generazioni di postali, famiglie con il dna della nostra comunità. Come quella di Michele Clemente al quale il padre ha teso, con tocco oracolare, la tracolla del postino, e Michele l’ha infilata tra spalla e cervice, come ha fatto Antonio (in pensione dal 2001), e prima il nonno, Michele Maria, e prima ancora il bisnonno, Bernardino; perché quella tracolla ha cinque generazioni incise nelle crepe del pellame.
C’è Poste nell’albero genealogico
Michele lascia la Puglia per dirigersi a Nord, quando agli inizi degli anni Novanta, accetta un contratto trimestrale. I soldi sono un problema solo quando sono l’unica soluzione e tra il pranzo, la cena e la pigione di una stanza, Michele non ci sta dentro, la cosa lo scoraggia e pensa di mollare. “Mio padre mi disse “ti mando io i soldi che ti servono, l’importante è che continui a lavorare alle Poste seguendo la tradizione di famiglia”. La tradizione di famiglia Clemente è il mestiere di postino, più che una semplice tradizione, una vocazione. E come ogni vocazione porta con sé i semi dell’epica, e l’epica non può non essere raccontata, e ciò avviene nel volume di Luigi Gatta “Le Poste di Capitanata nella difficile Unità”, che attraverso la corrispondenza, le missive, la comunicazione nel suo versante tecnico e di servizio, fotografa un bel tratto del nostro Paese. Un conto sono i monumenti e le targhe ai caduti di guerra di cui le strade e le piazze d’Italia abbondano (ci mancherebbe), altro sono quelle che oggi chiamiamo “morti bianche”, cioè decessi sul lavoro. Nel 1891, Tommaso Clemente, prozio di Michele, nonostante la bufera di neve che imperversa nella Valle di Macchia, presso Monte Sant’Angelo, esce per consegnare il suo numero di lettere ai valligiani. E quel giorno non tornerà a casa, spegnendosi ad appena 24 anni, nella Valle che ospita il santuario di San Michele Arcangelo, meta di pellegrinaggi dei fedeli cristiani sin dal VI secolo, oltre che sede del Parco nazionale del Gargano. Di questa vicenda Michele apprende solo per il racconto che se ne fa in casa, e ne conserva memoria quindi, nel corredo cromosomico.
Oggi come ieri
Alla morte di Tommaso, la tracolla passa a Bernardino, bisnonno con la fama della puntualità in ogni situazione climatica, in ogni stagione, che passa la mano al figlio Michele Maria (il nonno di Michele). Del nonno Michele ha ricordi diretti, ne parla con amorevolezza e rispetto e racconta di un uomo che amava la caccia. Poi a prendere le redini del recapito di Mattinata fu papà Antonio che era riconosciuto similmente a un medico, come una figura di riferimento sempre disponibile per le seimila anime del paese. Poiché tutti lo conoscevano, lo invitavano a fermarsi presso le loro abitazioni, gli offrivano un caffè che non poteva accettare e integerrimo, con l’impeccabile divisa d’ordinanza, ricambiava con ampi sorrisi la cordialità ricevuta e tirava dritto verso il prossimo destinatario. Il portalettere nei quartieri come nei piccoli centri era come oggi un mestiere di relazione vera con le persone, godeva del contatto quotidiano e così diventava anche un confidente, possiamo dire un amico. È così che oggi Michele interpreta il suo ruolo di caposquadra al centro di smistamento di Bologna: “Mio padre mi diceva sempre di rispettare i miei superiori, di comportarmi bene e di tenere le orecchie e gli occhi spalancati. Il suo è stato un buon insegnamento. E oggi mi ritrovo spesso a fare anche da fratello maggiore e non mi tiro mai indietro quando qualcuno ha bisogno di aiuto”.