Roma, 7 giu – Barile di petrolio in risalita, nonostante le ricostruzioni di stampa su una possibile indebolimento di quell’asse tra Arabia Saudita e Russia che finora è stato alla base del coordinamento tra l’Opec e i maggiori produttori non allineati nelle restrizioni dell’offerta. Il barile di Brent, il greggio di riferimento del mare del Nord, guadagna 84 cents a 62,51 dollari. Il West Texas Intermediate sale di 68 cents a 53,27 dollari.
I recuperi tuttavia seguono una serie di sedute ribassiste che avevano visto le quotazioni scendere ai minimi da cinque mesi a questa parte. Intanto, in vista del vertice Opec di metà anno, che si svolgerà il 25 giugno, il presidente russo Vladimir Putin ha messo in rilievo le divergenti esigenze che il suo Paese ha rispetto all’Arabia Saudita, spiegando come alla Russia prezzi del petrolio bassi risultano meno sgraditi.
O meglio, ci sono divergenze di vedute su quello che vada considerato un prezzo “equo”, perché la Russia basa i suoi bilanci su un barile a quota 40 dollari e quindi se il greggio di attesta nella fascia 60-65 dollari “ci va bene”, ha spiegato ai giornalisti, secondo quanto riporta Bloomberg.
Il ministro del petrolio saudita Khalid al-Falih ha invece chiaramente affermato che il reame voglia prolungare la fase di restrizione all’offerta, con cui da anni ormai l’Opec e altri grandi produttori puntano a puntellare le quotazioni, precedentemente finite sotto pressioni al ribasso derivanti da aumenti dei canali di offerta sui mercati. Tanto più se lo stallo sul commercio Usa-Cina dovesse trascinarsi, con effetti deprimenti anche sulla domanda di oro nero.
A Mosca però “ci serve più tempo per decidere”, ha avvertito il ministro del petrolio russo, Alexander Novak. La posizione di Mosca diventerà più chiara a ridosso del vertice Opec, che da diverse edizioni viene allargato a altri produttori sotto la denominazione “Opec Plus”.