La penalizzazione delle donne nel mercato del lavoro italiano ha molti aspetti. Il primo riguarda il tasso di occupazione, che oscilla attorno al 50%, decimale più decimale meno: va così da diversi anni e ogni variazione è accompagnata da previsioni che le successive rilevazioni statistiche si incaricano di smentire. Ultimamente va un po’ meglio ma il divario occupazionale con gli uomini resta di circa 17 punti percentuali. È più o meno delle stesse dimensioni la distanza che ci separa dal tasso di occupazione femminile nella Ue. In Italia lo svantaggio delle donne, pur riguardando anche quelle senza figli, è particolarmente forte per le madri: il numero di donne che escono dal mercato del lavoro in seguito alla nascita di un figlio oscilla tra il 20 e il 25%. Nel 2019, ultimo anno pre-covid, 25 mila donne si erano licenziate per l’impossibilità di conciliare il lavoro con la cura dei loro bambini. Per la stessa ragione altre decine di migliaia di mamme il lavoro non l’hanno neppure cercato. Ci sono poi le disparità salariali. Secondo il “Gender Gap Report 2021”, a parità di lavoro è come se una donna cominciasse a guadagnare solo dal 7 febbraio. La differenza di stipendio con un uomo che svolge le stesse mansioni arriva al 13%. Una differenza che cresce con il livello di istruzione e con l’età anagrafica: oltre i 55 anni i lavoratori maschi arrivano a superare del 30% quanto percepito dalle colleghe donne, complice anche la penalità salariale dovuta alla maternità.
L’uguaglianza nel Gruppo
E dunque non era affatto scontato ciò che si legge nell’ultimo bilancio integrato di Poste Italiane e cioè che nel Gruppo il 54 per cento del totale dei dipendenti è donna, e sono donne il 59 per cento dei direttori degli Uffici Postali, il 46 per cento tra quadri e dirigenti e il 44 per cento nel Consiglio di Amministrazione. Anche per questo nel 2022, per il terzo anno di fila, Poste Italiane è stata premiata con la riconferma nel Gender-Equality Index, il principale indice internazionale di riferimento che valuta la qualità delle iniziative aziendali per l’eguaglianza e l’inclusione. Sono 418 le aziende esaminate in tutto il mondo, ripartite in 11 settori produttivi con sede in 45 Paesi. La valutazione ottenuta da Poste Italiane è il risultato dell’esame di cinque parametri: la leadership femminile e la valorizzazione dei talenti, la parità salariale, la cultura inclusiva, le politiche per la prevenzione e il contrasto di molestie sessuali, la riconoscibilità come brand che promuove la parità di genere. Per quanto riguarda la parità di retribuzione, ancor più rilevante è l’ingresso di Poste nella classifica globale Top 100 sulla parità di genere stilata da Equileap, che ha preso in considerazione un totale di quasi 4.000 società quotate. Un risultato ottenuto, in particolare, per i passi in avanti compiuti sul divario retributivo di genere in ogni fascia retributiva.
Il welfare di Poste
È ampia la gamma di iniziative che nell’Azienda traducono in fatti i principi di inclusione e di pari opportunità. Si chiama “Accordo Quadro sulle molestie e la violenza nei luoghi di lavoro”, ad esempio, quello che si propone di mantenere un ambiente di lavoro in cui siano garantiti per ciascuna persona il rispetto e la dignità. Mentre sui monitor di migliaia di Postamat in tutta Italia vengono ricordati il numero verde 1522 e l’app per la prevenzione e il contrasto ai fenomeni di violenza, stalking e maltrattamento. Poste collabora con le due principali organizzazioni di tutela operanti a livello nazionale, la Rete antiviolenza “D.i.Re.” e l’associazione di volontariato “Telefono Rosa”; e finanzia un fondo a favore dell’autonomia economica e lavorativa delle donne vittime di violenza, fornendo a molte di loro occasioni di formazione, di inserimento lavorativo e in alcuni casi anche di alloggio. Il principio della pari opportunità nei percorsi di carriera si applica garantendo che la selezione del personale venga effettuata sulla base delle professionalità e delle competenze nel rispetto delle esigenze aziendali, indipendentemente dalle caratteristiche personali, come età, genere, orientamento sessuale, disabilità, origine etnica, nazionalità, opinioni politiche e credenze religiose. E quando il criterio è la meritocrazia, le donne, si sa, hanno sempre da guadagnarci.
La parità di genere nella cultura aziendale
Da tempo Poste Italiane è tra i sostenitori della “Carta per le Pari Opportunità e l’Uguaglianza sul Lavoro”, una dichiarazione di intenti sottoscritta volontariamente da imprese di tutte le dimensioni per la diffusione di una cultura aziendale e di politiche delle risorse umane inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capaci di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità. Numerose sono le buone pratiche aziendali a supporto della maternità e della paternità. In collaborazione con “Valore D”, l’associazione di imprese che promuove la diversità, il talento e la leadership femminile, Poste si è inoltre impegnata in interventi di formazione manageriale per promuovere la crescita professionale delle sue collaboratrici. Anche per questo la ricerca “Italy’s Best Employers for Women 2021” realizzata dall’Istituto Tedesco Qualità ITQF ha riconosciuto Poste come uno tra migliori datori di lavoro per le donne in Italia.
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