Il lavoro di portalettere consente talvolta di unire il dovere alla bellezza. Capita quando si viene assegnati a svolgere le consegne in posti suggestivi o squarci del nostro Paese dalla bellezza mozzafiato. È il caso del Lido Tre Archi, dove cielo e mare si fondono a raccontare di una natura ancora incontaminata e bella e dove convivono tantissime etnie diverse. Questa zona è compresa nel percorso che giornalmente svolge la portalettere Fabiola: ad intervistarla le pagine fermane dell’edizione marchigiana de Il Resto del Carlino. “Sono nata a Monteleone di Fermo – racconta – da bambina è qui che andavo al mare, c’è una pista di pattinaggio che era il nostro luogo del cuore. Quando nel 2018 mi hanno mandato qui come portalettere ho avuto un attimo di timore, ero come tutti condizionata dal sentito dire, dalla fama, in larga parte immeritata, di questo quartiere”.
Una zona cosmopolita
Fabiola lavora in Poste dal 1991, dal 2007 è fissa e dal 2018 assegnata alla costa nord del fermano, fino a Porto Sant’Elpidio. “Qui convivono 41 culture diverse- sottolinea – ci sono zone in cui vivono solo persone straniere che però qui si sono ben inserite, altre nelle quali ci sono quelli che hanno scelto Lido Tre Archi per vivere, dopo averci fatto le vacanze per anni. C’è un po’ di tutto e la difficoltà di chi porta lettere, buste e avvisi è trovare il filo di una simile complessità. Mi sono capitati nomi stranissimi che poi non sono riuscita a collocare da nessuna parte, un giorno mi è passata sottomano una lettera indirizzata a Saddam Hussein”.
La sfida: indovinare l’indiano giusto
Ma in unquartiere così multietnico le sfide sono tante e diverse. Per esempio, quelle che riguardano gli indiani: “hanno tutti lo stesso nome”, dice. “Poi ci sono quelli che cambiano casa spesso, quelli che gli avvisi non li ritirano più dalla cassetta della posta. C’è chi non ha messo il nome sul campanello ma ormai so dove sta, chi risponde al telefono e mi fa lasciare i pacchi in tabaccheria, un bel punto di riferimento per il quartiere”.
Un mondo a colori
Fabiola è contenta di lavorare in questa zona: “Quando incontro le donne africane, e ce ne sono tante, è una festa, sono solari, allegre, accoglienti. Una volta mi hanno voluto a pranzo, un’altra mi ha fatto le treccine ai capelli con uno sconto. Tra di loro sono molto solidali, i bambini sono felici, anche in mezzo alle difficoltà che certe situazioni manifestano proprio dal punto di vista sociale. Ecco, quello che volevo dire è che qui c’è tanto di buono, tanti colori, storie, persone belle. Da quelle si può partire, per dare una percezione diversa a un quartiere bellissimo, specchio peraltro del nostro tempo fatto di migrazioni, di contaminazioni, di incontri”.